06 giugno 2020

I pregiudizi sullo psicologo



I pregiudizi sullo psicologo


Come prima cosa, è bene chiarire cos'è un pregiudizio. Comunemente inteso, lo si può vedere come un’idea basata su opinioni precostituite e su stati d'animo irrazionali, anziché sull'esperienza e sulla conoscenza diretta di un fenomeno. Bisogna però anche considerare che ognuno formula pregiudizi, rispetto a tutto e tutti, e che ciò non è sempre negativo. Questo perché il pregiudizio, dal punto di vista psicologico, consente alla mente di lavorare più velocemente, essendo un efficace mezzo e strategia di economia del pensiero. Ecco che risulta evidente che, per scardinare un pregiudizio, è necessaria una riflessione più approfondita, unita a una maggiore consapevolezza di sé.


In questo articolo si raccolgono alcuni dei pregiudizi e stereotipi più comuni nei confronti della figura dello psicologo e della psicologia, così da poterli commentare e, si spera, riuscire a mostrarli sotto una luce differente.



  1. Lo psicologo è per i matti


Per molto tempo lo psicologo è stato associato alla diagnosi di malattie mentali, e le sue attività sono state ridotte alla cura delle persone "malate o matte". Nell'immaginario collettivo, solo per il fatto di avere a che fare con uno psicologo, si viene automaticamente identificati con la propria diagnosi, diventando così ufficialmente "malati". Questa visione è evidentemente riduttiva e imprecisa, pur facendo luce su molte delle paure che aleggiano intorno alla ricerca di aiuto.


La realtà dei fatti è ben diversa. Una diagnosi psicologica si configura più che altro come un processo in continuo divenire, che evidenzia e descrive l’unicità dell’individuo attraverso la comprensione dei suoi aspetti emotivi e cognitivi ed è orientata alla definizione del funzionamento dell’individuo, che va oltre la sola sintomatologia. Una diagnosi psicologica comprende l’assetto cognitivo ed emotivo della persona, il suo stile di pensiero e di comportamento, la capacità di rappresentazione mentale, così come i suoi personali punti di forza.


È proprio grazie alla valutazione delle risorse e delle potenzialità di ognuno, che il lavoro psicologico può cominciare e funzionare. Lo psicologo, quindi, si occupa anche di benessere, di migliorare la qualità della vita, di consulenza psicologica e di sostegno a chi si trova in momentanee situazioni di difficoltà. Si può andare dallo psicologo per migliorarsi, per affrontare un particolare momento della vita oppure per superare una difficoltà, senza per forza avere una malattia mentale definita e diagnosticabile.


  1. Lo psicologo è per i deboli (e io voglio farcela da solo)


Chiedere aiuto è sempre difficile, poiché farlo significa ammettere di averne bisogno. La nostra cultura è intrisa del pregiudizio per il quale una persona è forte se, e solo se, è in grado di farcela sempre e comunque da sola, senza l’aiuto di nessuno. Così le persone si ritrovano a dipendere esclusivamente da loro stesse, separate come le isole di un arcipelago, scollegate da tutto e da tutti e, in ultima analisi, profondamente sole.


L’essere umano è per natura sociale, e solo il confronto e lo scambio con l’altro gli permettono di arrivare a un livello più alto di consapevolezza, durante un'infinita scalata che non si potrebbe in alcun modo compiere da soli.


Rispetto alla debolezza, poi, si deve evidenziare l’enorme sforzo di volontà necessaria a riconoscere di avere delle difficoltà, la profonda umiltà che serve ad ammettere di aver bisogno dell’assistenza e del supporto di qualcuno e l’immenso coraggio su cui si basa ogni richiesta di aiuto.



Al contrario di quanto si possa pensare, quindi, decidere di rivolgersi ad uno psicologo risulta piuttosto un atto di coraggio. Significa prendere una decisione importante per poter cambiare la propria situazione in meglio e superare il proprio disagio e le proprie difficoltà, avendo il coraggio di guardarsi dentro ed esplorare la propria interiorità per risalire dall’abisso con una nuova consapevolezza, e conoscere quali siano i propri punti di debolezza, ma anche i propri punti di forza.


La vera forza non è nel non aver bisogno degli altri, ma in una sincera consapevolezza di sé.



  1. Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente


Questo pregiudizio può essere letto in diversi modi.


Da una parte, se inteso in senso letterale, si può solo commentare che lo psicologo non ha evidentemente poteri sovrannaturali che gli permettono di comprendere istantaneamente e infallibilmente gli altri.


Non legge nel pensiero, non è un mago, un guru o un indovino. Conosce piuttosto delle tecniche di intervento, e possiede una visione teorica dell’uomo e della mente che gli permette di aiutare una persona, se questa lo desidera e lo richiede, ad essere maggiormente consapevole dei propri modi di pensare e di sentire. È un valido supporto per individuare e sviluppare delle alternative maggiormente costruttive rispetto a quelle finora utilizzate dal soggetto, sostenendolo e aiutandolo a raggiungere un maggiore grado di benessere, scopo proprio della pratica psicologica.



Un’altra versione di questo luogo comune si basa sul timore che lo psicologo possa in qualche modo influenzare le persone attraverso consigli o, peggio, prescrizioni.


In nessun modo lo psicologo obbliga qualcuno a fare qualcosa che non vorrebbe fare.


Base essenziale per il lavoro psicologico consiste proprio nell'accordo di reciproca fiducia tra psicologo e chi ne chiede l'aiuto. Gli obiettivi dell’intervento sono discussi e concordati, ed è il paziente che ha l’ultima parola sui modi e i tempi con cui affrontare determinate situazioni, accompagnato dal professionista che funge da guida esperta nell’esplorazione. Non sta allo psicologo dire cosa il paziente dovrebbe o non dovrebbe fare, né tantomeno fornire consigli a riguardo. Questo perché ogni scelta compiuta, per essere efficace e apportare benessere, deve avvenire liberamente ed essere personalmente valutata e selezionata.


È bene anche ricordare che lo psicologo risponde a delle norme deontologiche precise, per cui in nessun modo può utilizzare i metodi e le tecniche in suo possesso in maniera impropria e non professionale.



  1. Io sono fatto così (cambiare è impossibile)


Questa affermazione riflette l’idea che le persone siano entità statiche e rigide, che nessuno possa mai davvero cambiare. È possibile smentire facilmente questa convinzione, osservando come tutti noi cambiamo continuamente. Si cambia idea, cambia ciò che sentiamo, cambia il nostro comportamento, cambiano gli amici e il partner, cambiano i progetti e gli stili di vita. Il cambiamento fa parte della natura, anch’essa in continua trasformazione.


Ogni sistema vivente, sia esso una pianta, un animale o una persona, cambia come risposta per superare gli ostacoli che incontra lungo il percorso. Cambiare permette di adattarsi meglio al proprio contesto di vita e di realizzare i propri obiettivi. Tuttavia, non tutti sono ugualmente disposti al cambiamento e non tutti riescono a mettersi in gioco, per i motivi più vari. La resistenza al cambiamento può scaturire dalla paura, dalla confusione, dalla sfiducia, dal pessimismo, dal senso di colpa, dalla convinzione di non poter esercitare alcun controllo su di sé.


Queste difficoltà non possono e non devono essere negate, bensì vanno comprese e accolte, lasciando ad ognuno il tempo necessario per compiere la trasformazione.



  1. Nessuno può capire il mio dolore


Prima di tutto, per affrontare questo pregiudizio, bisogna considerare che, se anche un altro avesse vissuto una situazione identica, non è detto che sensazioni ed esperienze maturate sarebbero equivalenti.


La stessa esperienza può essere vissuta in moltissimi modi diversi. Si immagini, a titolo di esempio, un divorzio. Un evento di questo tipo può essere vissuto da un coniuge come un trauma, un fallimento e un profondo dolore, mentre per l’altro può rappresentare un tanto atteso nuovo inizio, un cambiamento desiderato per chiudere con una realtà divenuta intollerabile, una boccata d’aria fresca dopo un periodo di veleno e tossicità.


Il dolore che una persona prova è intrinsecamente ed essenzialmente personale, unico nel suo genere, inimitabile e quindi non esperibile dagli altri, non importa quanto cari o vicini.


Ciò non significa, però, che il dolore che si prova non possa essere capito. Grazie alle sue specifiche capacità di ascolto e di comprensione del punto di vista dell’altro, dei suoi vissuti e delle sue emozioni, lo psicologo è in grado di entrare in sintonia con i sentimenti e i pensieri altrui attraverso lo strumento fondamentale dell’empatia, letteralmente “patire con”, il proverbiale mettersi nei panni di qualcun altro.


Riuscire ad entrare in connessione col vissuto di qualcuno è la prerogativa dell’azione psicologica.



  1. È impossibile risolvere problemi concreti solo parlando


Altro luogo comune è la credenza che andare dallo psicologo consista sostanzialmente in una chiacchierata, in un continuo parlare e parlare.


È necessario in primo luogo precisare che l’attività psicologica non può essere ridotta al solo dialogo, comprendendo altri strumenti specifici come i test, il gioco, le storie, le creazioni manuali e artistiche, e molti altri.


Se però ci si vuole concentrare solo sulla tecnica del colloquio, che potrebbe erroneamente sembrare una semplice conversazione, ci si accorgerà che lo psicologo usa il dialogo per avviare dei processi di cambiamento nella persona. In altre parole, una competenza specifica dello psicologo consiste nell’usare le parole per rendere una persona consapevole del proprio mondo interiore, con i suoi sentimenti, pensieri e modi di agire particolari, aiutandola a superare le difficoltà.


Esistono problemi che non si possono risolvere in alcun modo, neanche volendolo con tutte le forze. Si pensi ad esempio alla perdita di una persona cara. Niente e nessuno al mondo potrà “risolvere” questo problema, non esistono “soluzioni” pratiche da adottare, ma il fatto stesso di poterne parlare con qualcuno, che è in grado di accogliere questo tipo di sofferenza in modo aperto e non giudicante, può aiutare a superare il momento difficile e, talvolta, riuscire persino a vedere la situazione da una prospettiva diversa.


Se concreto è ciò che ha effetti sulla realtà, emozioni e sentimenti sono quanto di più concreto una persona possa provare.



  1. Il percorso psicologico dura sempre anni


Questo è semplicemente un falso mito. La durata del percorso psicologico è strettamente legata ai bisogni e alla domanda della persona.


Si può andare dallo psicologo per una consulenza e decidere insieme il percorso da compiere insieme. Gli obiettivi sono sempre condivisi e la terapia dura fino a quando il paziente è disponibile a lavorare su di sé. Alcune richieste di intervento possono essere risolte anche in pochi incontri, altre invece possono richiedere interventi più duraturi. Non è lo psicologo a decidere i tempi, né tantomeno esiste una tabella unica per ogni caso e problema.


L'intervento psicologico è concentrato sulla qualità dell'intervento stesso, non sulla quantità.



  1. Lo psicologo costa troppo


Prima di tutto, è necessario chiarire che esistono differenti tariffe, sia in base al motivo del consulto, sia in base al singolo specialista. È innegabile che un percorso psicologico abbia il suo costo, così come ogni bene e servizio, del resto. Ma considerarlo una spesa sarebbe riduttivo e semplicistico.


Il costo risulta oneroso solo se considerato in un’ottica di breve termine. Esaminando i benefici a lungo termine, prendendo in considerazione ad esempio quanto si può risparmiare in termini di prevenzione o di limitazione del danno, il percorso psicologico rappresenta un ottimo investimento. Un intervento psicologico può, ad esempio, evitare un divorzio, prevenire una malattia fisica, scongiurare una carriera universitaria inconcludente o una decisione lavorativa errata, scelte che possono influenzare la vita per molti anni.


Ogni spesa dev’essere valutata in base al ritorno che ne deriva in termini di benessere e qualità di vita.


Un percorso psicologico è un investimento sul futuro e su di sé.



  1. Perché rivolgersi a uno psicologo quando posso parlare con un amico?


È innegabile che avere la fortuna di poter godere nella propria vita di buone amicizie costituisce un importantissimo fattore di benessere personale. Un amico disposto ad ascoltare e a mostrare la sua comprensione costituisce un aiuto prezioso, soprattutto nei momenti di difficoltà. Questo è indubbio.


Tuttavia, alcuni ritengono erroneamente che recarsi dallo psicologo sia equivalente a rivolgersi ad un caro amico, con la differenza che quest’ultimo è anche gratuito. Da questo luogo comune ne nasce un altro, cioè che chi si affida ad uno psicologo non abbia amici o nessuno con cui parlare. Niente di più sbagliato.


Parlare con persone intime può senza ombra di dubbio essere una fonte di sostegno, tuttavia l’ascolto di uno psicologo non è qualitativamente lo stesso di quello che può dare un amico.


Prima di tutto, lo psicologo è una figura professionale, non coinvolta nelle stesse dinamiche affettive che possono entrare in gioco parlando con un amico, un parente o una persona cara. L’amico, in secondo luogo, è solito fornire il suo punto di vista e dare consigli su cosa secondo lui sarebbe meglio fare per affrontare la situazione. Al contrario, uno psicologo non spiega al paziente come dovrebbe comportarsi o quali atteggiamenti dovrebbe avere, preferendo guidarlo, empaticamente e senza opinioni personali, alla ricerca di quale sia la via migliore da percorrere sulla base delle inclinazioni, punti di vista, convinzioni ed emozioni sue proprie.


Altra prerogativa dello psicologo è l’assenza di giudizio, che aiuta la persona a confidarsi senza timori di cosa l’altro possa pensare, in modo da favorire l’esplorazione e il cambiamento. Si possono avere pensieri o sensazioni molto intimi o personali che non si confiderebbero mai ad un amico, vuoi per paura di essere giudicati, vuoi perché si teme che l’altro potrebbe non condividere o essere in disaccordo.


Lo psicologo può offrire, infine, strumenti e competenze professionali per far fronte in modo più strutturato a problemi complessi e difficili da affrontare. A differenza dell’amico, che non possiede le medesime competenze, lo psicologo è preparato ad individuare nuclei tematici e precise dinamiche psicologiche nelle parole, nei gesti e nelle emozioni del soggetto. Questo perché lo psicologo è un esperto che, forte di una formazione più che quinquennale, laurea, esperienza di tirocinio professionalizzante e abilitazione alla professione conseguente l’esame di stato, possiede degli strumenti specifici per aiutare le persone, acquisiti con il tempo, lo studio, il percorso personale e l’esperienza.



  1. Ah… sei psicologo? Allora devo stare attento a quello che dico…


Come già precisato, lo psicologo non legge la mente e non capisce i pensieri più intimi delle persone al primo sguardo. È facile farsi ingannare da improbabili e carismatici personaggi da serie tv, basati proprio su quegli stereotipi che qui si cerca di smontare.


Lo psicologo è un professionista serio e preparato, non un personaggio costruito a tavolino.


Anche se non possiede alcuna verità assoluta o preconfezionata, può offrire una prospettiva diversa a partire da ciò che emerge durante i colloqui, perché conoscere una persona è di fondamentale importanza per poterla aiutare.


Esprimere sé stessi in modo sereno e sincero è molto importante per una vita equilibrata, e lo psicologo è la figura professionale adatta per poterlo fare in tutta sicurezza.



  1. Andare dallo psicologo vuol dire scavare nel passato


Probabilmente uno degli stereotipi più diffusi e meno veritieri sulla pratica psicologica.


La scena in cui un soggetto con un problema all’apparenza banale, dopo pochi colloqui si trova a parlare di esperienze dell’infanzia così lontane nel tempo da essere state rimosse è così abusata da essere un banale cliché.


Il percorso psicologico è invece un lavoro su sé stessi, qui e ora, nel quale gli eventi del passato aiutano a chiarire il presente che, a sua volta, diviene base consapevole per un futuro di benessere.


Il passato è parte imprescindibile di ogni persona, è vero, ma è possibile affrontarlo con uno sguardo rivolto al futuro.




  1. Lo psicologo prescrive psicofarmaci


Questo pregiudizio nasce dalla frequente confusione rispetto alle varie professioni di aiuto esistenti, a cui si è dedicato questo articolo. La prescrizione di farmaci in Italia è riservata ai soli medici, tra cui sono compresi gli psichiatri. Lo psicologo non è un medico, non prescrive farmaci, ma lavora clinicamente con il colloquio, la somministrazione di test ed il sostegno empatico.


Se lo psichiatra concepisce il problema come malattia, disfunzione organica, sulla quale intervenire dall'esterno, lo psicologo ricerca nella psiche l'origine del disagio, così come la soluzione per superarlo, concentrandosi sull'interiorità della persona coinvolta.




  1. Mi imbarazza dovermi stendere sul lettino mentre lo psicologo mi sta seduto dietro


Regina degli stereotipi sulla pratica psicologica, la stanza col lettino sul quale stendersi e ricordare i traumi del passato, in un fiume di confidenze e pensieri intimi.


Nella realtà, solo una minoranza dei professionisti, gli psicoanalisti, utilizza il “classico” lettino nel proprio studio. Lo psicanalista è uno psicologo che ha scelto di frequentare un corso di specializzazione quadriennale in psicoanalisi, che è solo uno dei numerosissimi modelli teorici esistenti.


La maggior parte degli psicologi, compreso chi scrive questo articolo, non ne fa uso, preferendo sedersi di fronte all’interlocutore in un contesto rilassato e informale.


Per un maggiore approfondimento sulle differenze tra figure professionali di aiuto, si rimanda a questo articolo.




Anche se questa panoramica dei pregiudizi più comuni sugli psicologi non può essere sufficiente a sradicare delle convinzioni sedimentate nel tempo, si può concludere con un pensiero forse banale, ma di chiaro buonsenso. Quando si hanno dubbi, incertezze o domande, la cosa più semplice da fare è contattare direttamente lo psicologo, così da condividere le proprie preoccupazioni e cercare di comprendere se il suo intervento può essere d’aiuto per la specifica situazione in cui ci si trova.


In particolari momenti critici della propria vita, un aiuto psicologico può offrire la possibilità di riacquistare un ottimale benessere ed equilibrio psicologico.




Si ringrazia l’Ordine degli Psicologi della Lombardia per gli spunti e le immagini.




0 commenti:

Posta un commento