06 giugno 2020

Psicologi, terapeuti, psichiatri, counselor… che confusione!



Lo psicologo si distingue e non va confuso con altre professionalità affini, quali lo psichiatra, lo psicoterapeuta ed il counselor. Vediamo le differenze tra queste figure.


Lo psicologo


Lo psicologo, il cui ruolo è stato ampiamente approfondito in questo articolo, è un professionista sanitario laureato in Psicologia, abilitato all’esercizio della professione tramite Esame di Stato e iscritto all’albo professionale degli Psicologi.

Lo psicologo si focalizza sul funzionamento della mente, nelle sue componenti fisiologiche, psicologiche, relazionali e ambientali. Può operare in vari ambiti, da quello clinico a quello dello sviluppo, con interventi di prevenzione, diagnosi e attività di abilitazione, riabilitazione e di sostegno psicologico rivolte all’individuo, al gruppo, alla comunità e alle organizzazioni. Non essendo un medico, non prescrive psicofarmaci. I principali strumenti di intervento dello psicologo sono il colloquio psicologico e la somministrazione di test, che assumono una funzione diagnostica ed orientativa.


Lo psicoterapeuta


Sia lo psicologo che lo psicoterapeuta sono figure professionali orientate alla cura del disagio psichico. Tuttavia, le due professioni presentano differenze significative per quanto riguarda il percorso formativo e la natura della loro attività professionale.

Lo psicoterapeuta è uno psicologo, oppure un medico, che ha frequentato una scuola di specializzazione in psicoterapia della durata di almeno quattro anni, riconosciuta dal MIUR.


Se anche medico, lo psicoterapeuta può prescrivere psicofarmaci, possibilità preclusa nel caso sia laureato in Psicologia.


Rispetto allo psicologo, lo psicoterapeuta è abilitato a svolgere psicoterapia, ossia il trattamento finalizzato alla cura dei disturbi psicopatologici, utilizzando specifiche tecniche terapeutiche apprese nel percorso di specializzazione.


Data la grande varietà di scuole di specializzazione, gli psicoterapeuti possono operare con metodologie di lavoro e visioni dell’uomo molto diverse tra loro.


Anche se la distinzione tra psicologo e psicoterapeuta sembra netta e inequivocabile, in realtà esiste un certo contenzioso riguardo i limiti delle due professioni. Questo perché lo Psicologo risulta legalmente abilitato a utilizzare strumenti di intervento per la riabilitazione e il sostegno in ambito psicologico, il che, a tratti, può sembrare simile, quando non sovrapponibile, all’attività psicoterapeutica.




Lo psichiatra


Lo psichiatra è un medico specialista in psichiatria, con un approccio organicistico alla malattia mentale, cioè intesa come derivante da un funzionamento anomalo a livello fisiologico del sistema nervoso.



Rispetto alle modalità di trattamento del disagio psichico offerte da altre figure professionali, come psicologi e psicoterapeuti, lo psichiatra è infatti maggiormente orientato a considerare il disturbo mentale come derivante da un malfunzionamento o uno sbilanciamento a livello biochimico del sistema nervoso centrale, utilizzando un metodo che può essere definito di diagnosi/cura, tendendo a focalizzare la sua attenzione solo sul sintomo fisiologico.


Se la proposta psichiatrica può indirizzarsi anche verso un intervento psicoterapeutico, essa ha come principale modalità di cura il ricorso alla farmacologia (antidepressivi, ansiolitici, neurolettici, antipsicotici).



Ma allora lo Psicanalista?


Lo psicanalista è uno psicoterapeuta che ha scelto di frequentare un corso di specializzazione quadriennale in psicoanalisi.


La psicoanalisi è una tecnica di indagine del mondo interiore teorizzata da Sigmund Freud, poi ripresa e a tratti modificata da molti altri analisti.


Esistono moltissimi corsi di specializzazione per diventare psicoterapeuta, ciascuno dei quali segue un diverso modello teorico, ossia approfondisce determinati contenuti piuttosto che altri, scegliendo di curare il disturbo psichico attraverso una certa specifica modalità.


Pertanto, per riassumere, uno psicoanalista è uno psicoterapeuta, ma non tutti gli psicoterapeuti sono psicoanalisti.



In questa prima parte, malgrado le differenze, si è visto che lo psicologo, lo psicoterapeuta e lo psichiatra condividono tutti l’obiettivo del raggiungimento di un maggiore benessere (anche) mentale, cercando però di perseguirlo attraverso modalità e attraverso strumenti diversi, caratteristici per ciascuna professione.


La differenza sostanziale tra psicologo, psicoterapeuta e psichiatra risiede quindi nel modo di intendere la persona e il suo stato di malessere, come nell’approccio utilizzato per aiutarla.



Il counselor


Diversamente dalle altre figure prese in considerazione, il counseling in Italia non è a oggi una professione regolamentata. In altre parole, lo Stato non indica i requisiti minimi necessari per poter assumere tale ruolo. Non esiste alcuna normativa di riferimento, né tanto meno l’obbligo per il professionista di iscrizione ad un albo professionale, che fissi determinati requisiti e/o parametri sia sotto l’aspetto del percorso formativo per acquisire il titolo di counselor, sia per stabilire un codice di condotta da adottare per garantire e tutelare gli utenti. Ciò significa che, potenzialmente, chiunque può definirsi counselor o affermare di esercitare il counseling.


È particolarmente importante non confondere la figura del counselor con altre figure professionali, quali lo psicologo, lo psicoterapeuta o lo psichiatra in quanto, al contrario di queste, l’attività di counseling non prevede l’utilizzo di tecniche e metodologie di intervento specifiche.


Non essendo una professione sanitaria, i counselor non si occupano di patologia, ma il loro ambito di pertinenza è limitato alla salutogenesi, ossia dedicano i loro servizi in quei contesti dove non c’è disagio/disturbo mentale, rivolgendosi a persone che hanno bisogno di colloqui di sostegno o di aiuto per affrontare problemi relazionali o decisionali, senza la necessità di una cura di tipo psicoterapeutico o farmacologico, che richiede competenze e specializzazioni diverse.



In Italia si è assistito negli ultimi anni ad un fiorire di scuole e di corsi di counselling che, non essendo obbligati a seguire una normativa specifica, variano enormemente per contenuti e durata. Vi sono corsi brevissimi, di appena qualche giorno, e corsi che durano diversi anni. Anche le materie oggetto di apprendimento sono le più diverse, così che si possono trovare scuole di counseling a indirizzo filosofico, socio-sanitario, artistico, alimentare...


Rispetto alla formazione, è doveroso far notare che spesso i counselor non possiedono la laurea in psicologia, ma hanno un diploma di scuola superiore o hanno preso una laurea in materie non attinenti con le professioni psicosociali.




Un ulteriore punto da precisare rispetto alla controversa figura del counselor sta nell’estrema delicatezza e difficoltà che ogni professione di aiuto intrinsecamente comporta. Aiutare le persone, in qualunque modo venga fatto e in qualunque contesto, è sempre e comunque un’attività complessa e spinosa, che non può in nessun caso essere affrontata con leggerezza, perché si tratta della salute e del benessere di chi si fida del professionista per ricevere un sostegno. La buona volontà, l’altruismo e la pazienza, pur essendo qualità apprezzabili, possono non bastare. A volte, anche se con le migliori intenzioni, si possono aggravare situazioni già difficili.



A chi rivolgersi all'insorgenza di un disagio psicologico


In presenza di un disagio soggettivo che non comporta una vera e propria sintomatologia, può essere utile rivolgersi inizialmente allo psicologo, con il quale valutare la natura della problematica presentata. Potremo così trovare preziose indicazioni sull’opportunità o meno di una consulenza psicologica, di una vera e propria psicoterapia e/o di una consulenza psichiatrica. Queste ultime due si richiedono qualora il disagio si configuri come un disturbo psichico diagnosticabile, con sintomi più o meno severi.



Sentirsi tristi, demoralizzati, insonni, ansiosi, particolarmente stressati, sono esperienze comuni che caratterizzano particolari momenti della vita. Possiamo anche valutarli come normali risposte della nostra psiche in reazione ad eventi traumatici come un lutto, la perdita del lavoro, la fine di un amore o una grave malattia, e le reazioni di ciascuno alle avversità dipendono dalla storia personale, degli aspetti genetici e dal contesto in cui si vive.


Il discorso cambia se, a distanza di tempo, questi sintomi persistono e diventano intollerabili.


In questi casi potrebbero rappresentare un campanello d'allarme, segnale di una sofferenza più profonda.



Secondo queste premesse, potremmo affermare che psicopatologie gravi sono generalmente affrontate mediante l'utilizzo combinato di farmaci e di psicoterapia (psichiatra o psicologo con la collaborazione dello psichiatra), mentre altre meno legate all'ambito strettamente fisiologico, possono avvalersi di un esclusivo intervento psicologico.


Per concludere, una precisazione: la scelta tra psicologo e psichiatra non riguarda solo un criterio di gravità del malessere. È molto importante, fondamentale, distinguere il sintomo dalla malattia, e avvalersi della figura professionale più adatta a ciò di cui si ha bisogno.



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