12 luglio 2020

La differenza tra ansia normale e ansia patologica



La prima cosa che viene in mente alla maggior parte delle persone, quando si parla di ansia, è il malessere e lo stato di preoccupazione con cui di solito si presenta. L’ansia è una parte importante della vita quotidiana di chiunque, in particolare nella società odierna, in cui i cambiamenti si susseguono rapidi, i media sono costantemente alla ricerca della prossima minaccia, e persino il clima sociale sembra alimentare una certa quota di ansietà.

In questa società dell’efficienza, l'ansia è fastidio, disagio, o addirittura sofferenza. Di conseguenza, si cerca in ogni modo di disfarsi di questo peso, evitare il malessere, scansare le preoccupazioni, con l’obiettivo ideale di non avere più ansie di alcun tipo.


Come si vedrà in questo articolo, tuttavia, non solo vivere senza ansia è impossibile, ma questa alternativa non è neanche desiderabile. Un certo grado di ansia è normale, utile ed essenziale alla sopravvivenza, mentre può diventare un intralcio in alcune specifiche occasioni, in cui si sfocia nell’ambito patologico.


Ansia e sopravvivenza


Emozione che caratterizza l’essere umano fin dalla preistoria, l’ansia ha la funzione di mettere in guardia rispetto a segnali che sono percepiti come un pericolo, presente o futuro.

I muscoli si contraggono, il respiro si fa corto e veloce, la mente è attenta e concentrata sulla situazione di pericolo da affrontare: l’attivazione generale che caratterizza l’ansia rende pronti a rispondere più rapidamente alla comparsa di una minaccia.

Una certa quantità di ansia, quindi, risulta utile ad affrontare la vita quotidiana, aiutando a sopravvivere e ad adattarsi meglio al proprio ambiente.

Al contrario, l’assenza di ansia può portare a sottovalutare le minacce ed esporre l’individuo a pericoli anche concreti.

Ad esempio, si immagini uno studente che non abbia alcuna ansia per una verifica né la minima preoccupazione di essere bocciato. Come si può prevedere, probabilmente non dedicherà molto tempo allo studio, non avendo lo stimolo necessario a mettersi sui libri e a dare priorità alla scuola, ricevendo inevitabilmente un brutto voto.

Al contrario, un po’ d’ansia nel sostenere verifiche e interrogazioni aiuta a prepararsi al meglio e stimola l’attenzione e la concentrazione al momento della prova. Questo livello ottimale di ansia, che aiuta ad affrontare le difficoltà e a raggiungere con successo i propri obiettivi, è piuttosto frequente nella vita quotidiana e comune a tutti gli individui, e per questo viene generalmente definito “normale”. Tuttavia, esiste un’altra forma d’ansia che, per i suoi effetti deleteri, è riconosciuta come patologica, differenziandosi dalla prima per alcuni fondamentali aspetti.


Tra normalità e patologia


Chiarita l’importanza di provare un certo livello di ansia, evitandone la totale assenza, si pensi ora a un altro studente che, a differenza del primo, abbia molta ansia, così tanta da essere paralizzato dalla paura di non farcela, di non sapere abbastanza, di essere giudicato dal professore e dai compagni. In un tale stato d’animo, farebbe fatica a studiare perché incapace di concentrarsi e, di fronte alla verifica e in preda all’agitazione, non riuscirebbe neanche a ricordare ciò che ha studiato. Come il suo compagno eccessivamente tranquillo, anche questo studente riceverà un voto negativo, magari accolto con sempre maggiore angoscia e preoccupazione, le quali a loro volta influenzeranno negativamente le prestazioni future.

Mentre l’ansia normale è adattiva e funzionale al raggiungimento dei propri obiettivi, l’ansia patologica è quindi eccessiva, con ad esempio continua tensione motoria, iperattività e ridotta concentrazione. In questo modo diventa essa stessa il problema da affrontare, facendo perdere il controllo e la lucidità dei propri pensieri. Per tali motivi, questa forma d’ansia risulta disadattiva e generalmente inefficiente.

Un’altra differenza è che l’ansia normale tende a venire meno con il passare del tempo e con la maggiore esperienza. Ad esempio, dopo le prime volte al volante, connotate da una forte agitazione, si diventa gradualmente più rilassati e pratici, fino a considerare la guida un’azione naturale della quotidianità.

Tale fenomeno, definito estinzione, è essenziale per superare le proprie paure e insicurezze e permette di essere pronti ad affrontare nuovi problemi. A differenza di quella normale, l’ansia patologica tende a non andare in estinzione. Anche dopo anni al volante, si proverà la stessa agitazione delle prime volte. L’ansia patologica è resistente e tende a non ridursi, a prescindere dal tempo o dall’esperienza.


Mentre l’ansia normale è solitamente causata da una situazione realmente esistente e spesso conosciuta, ma particolarmente difficile o inusuale, la forma patologica è caratterizzata da una forte incertezza verso il futuro, è spesso vaga e imprecisata e si presenta senza un motivo riconoscibile. Quando è possibile identificare un evento scatenante, poi, l’ansia patologica tende a essere fortemente eccessiva e sproporzionata alla situazione.

Ansia normale e patologica si differenziano anche per quanto riguarda le conseguenze. La prima, essendo di intensità moderata e diminuendo con il tempo, ha la funzione di motivare ad affrontare efficacemente la situazione ansiogena. La spinta adrenalinica determinata dall’ansia è volta al raggiungimento di un obiettivo, e non è tale da paralizzare la persona, come invece può succedere nell’ambito della patologia.

L’ansia patologica, al contrario, ha un'intensità tale da provocare una sofferenza insopportabile e questo, insieme al fatto che non si riduce col tempo o con l’esperienza, tende a provocare l’evitamento della situazione ritenuta pericolosa, il che ha gravi conseguenze sulla qualità della vita e sui rapporti sociali: si pensi per esempio a una persona con una forte ansia sociale, o per i luoghi affollati.


L’ansia patologica, infine, è difficilmente gestibile ed è associata a sensazioni di perdita di controllo, di impotenza, di costante incertezza e di incapacità nell’affrontare situazioni nuove o impreviste che, al contrario della forma normale d’ansia, arrivano a interferire con la vita sociale e lavorativa.

Quando chiedere aiuto

In questo articolo si è cercato di chiarire che l’ansia, in sé, costituisce una normale risposta dell’organismo, una reazione emotiva che prepara a fronteggiare le difficoltà, che è quindi utile e necessaria alla sopravvivenza dell’individuo.

Quando raggiunge gradi eccessivi, tuttavia, l’ansia può arrivare ad avere delle gravi ripercussioni sulla qualità della vita, diventando una sofferenza psichica che ostacola le attività quotidiane, sia nella sfera privata che in quella professionale.

Bisogna considerare infatti che l’ansia, oltre agli effetti fisici e psichici, può avere un impatto anche sulle relazioni interpersonali. Ad esempio, una madre particolarmente ansiosa può, anche senza rendersene conto, cercare di controllare il proprio figlio limitando la sua libertà; una ragazza può avere bisogno della presenza del proprio partner per poter frequentare certi luoghi e situazioni; un capo si può preoccupare eccessivamente della prestazione lavorativa, richiedendo controlli e procedure lunghi ed esagerati, andando così ad aumentare inutilmente il carico di lavoro.

In questi casi, può essere di giovamento chiedere un supporto psicologico, che aiuti nel riconoscimento delle emozioni e dei pensieri che alimentano l’ansia, per imparare a gestirli in modo adeguato e ottenere un miglioramento del proprio benessere psicofisico e, di conseguenza, un incremento della propria qualità di vita

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