30 novembre 2020

La scuola parentale: cos’è, come funziona e i risvolti psicologici


Questo articolo intende approfondire il tema, partendo dagli aspetti legali, per poi spiegarne il funzionamento da un punto di vista pratico e organizzativo. Infine, un’attenzione particolare sarà data alle implicazioni della scelta di adottare l’istruzione parentale e le conseguenze sul piano psicologico dei propri figli. Dal momento che si tratta di un argomento controverso, è doverosa una breve introduzione, qualche riga e pochi numeri, dei punti dai quali partire.

Ci sono situazioni in cui, per vari motivi, la scuola tradizionale non soddisfa le necessità dei bambini. In questi casi, le soluzioni a cui i genitori possono ricorrere per rispondere ai bisogni educativi dei loro figli sono molteplici e di diversa natura. Tra questi, una è certamente la scuola parentale (detta anche “homeschooling” o “istruzione parentale”), ossia la scelta di una famiglia, o di un gruppo di famiglie, di provvedere autonomamente all’istruzione dei propri figli. 

 

In un momento non facile per la scuola italiana, l’idea di educare privatamente i propri figli è una possibilità che interessa sempre più famiglie. Per questo motivo il fenomeno sta avendo una sempre maggiore diffusione, tanto che, stando ai dati diffusi dal Miur, se nell’anno scolastico 2014-2015 i minori istruiti privatamente erano 945, già nell'anno 2018-2019 si è arrivati a 5.126, un aumento di 5 volte in soli quattro anni.





La scuola parentale in Italia: cosa dice la legge

 

La possibilità di educare i propri figli a casa è prevista dagli art. 30, 33 e 34 della Costituzione, in cui si spiega con chiarezza che qualsiasi privato ha la possibilità di costituire una scuola o un istituto educativo. Oltre alla Costituzione, la scuola parentale è poi regolata da una serie di norme:

 

D. Lgs. 297/1994, art. 111 e ss.;

D. Lgs. 59/2004, art. 8 c. 4 e art.m 11 cc. 5-6;

D. Lgs. 76/2005, art. 1 cc. 4-5;

D. Lgs. 296/2006, art. 1 c. 622;

D. Lgs. 62/2017, art. 23;

C. M. 22994/2019.

 

 

Pertanto, la possibilità di educare a casa i propri figli, in Italia, costituisce una scelta del tutto legale e lecita, a patto che vengano assolte alcune adempienze, che saranno approfondite nel prossimo paragrafo. 

 

Come funziona: indicazioni del Miur

 

Come è possibile consultare direttamente dal sito, il Miur ha determinato alcune semplici regole per disciplinare l’istruzione parentale. Innanzitutto, i genitori che intendono avviare una scuola parentale devono comunicarne la volontà al dirigente scolastico della scuola più vicina alla famiglia, ricordando di rinnovare la dichiarazione anno per anno. La comunicazione deve avvenire entro la data di chiusura delle iscrizioni, generalmente dai primi di gennaio fino alla fine di gennaio/primi giorni di febbraio, e deve essere firmata da entrambi i genitori, che devono dichiarare di avere i mezzi tecnici, economici e culturali per istruire personalmente i propri figli.

L’assolvimento del dovere all’istruzione viene garantito mediante il sostenimento, ogni anno, di un esame di idoneità alla classe successiva, che i bambini o ragazzi educati privatamente tengono, in qualità di candidati esterni, presso una scuola statale o paritaria, fino all’assolvimento dell’obbligo scolastico.

In altre parole, rispetto all’educazione pubblica impartita dal sistema scolastico, è necessario sostenere un esame ogni anno, con l’obiettivo di verificare che il livello di istruzione dei ragazzi istruiti a casa sia assimilabile a quello dei coetanei frequentanti la scuola.

L’esame viene solitamente sostenuto dagli alunni al termine delle lezioni, presso la scuola che ha accolto la domanda d'esame. Questa va consegnata entro il 30 aprile per gli esami di idoneità, mentre per l'esame di licenza (di terza media), è necessario presentarla almeno entro la fine di marzo, per poter sostenere le prove INVALSI.

 

In cosa consiste l'esame?

 

Per la scuola primaria, gli esami di idoneità alla classe successiva prevedono due prove scritte, una di italiano e una di matematica, e talvolta un’ulteriore prova di seconda lingua, tipicamente inglese, a cui si aggiunge un colloquio pluridisciplinare su tutte le altre discipline.

Per la scuola secondaria di primo grado, invece, gli esami di idoneità includono tre prove scritte, di italiano, matematica e inglese, ed eventualmente una quarta dedicata della seconda lingua comunitaria, se prevista nel piano di studi, insieme ad un colloquio pluridisciplinare su tutte le altre discipline (incluse tecnologia, arte e immagine, scienze motorie e sportive e musica).

Per quanto riguarda l’esame di Licenza di terza media, questo ha le stesse prove, per numero e tipologia, della scuola statale, incluse le prove INVALSI.

 

Quali programmi svolgere


Solitamente, insieme alla consegna della domanda di esame devono essere allegati i programmi svolti in tutte le discipline, sui quali i ragazzi verranno esaminati. Per comodità, ma anche per ragionevolezza, di solito si seguono i programmi proposti dal MIUR, portati avanti anche presso le scuole statali e paritarie. A differenza di queste, tuttavia, l’istruzione parentale permette di privilegiarne determinati aspetti ed approfondirne alcune parti, tralasciandone delle altre.

L’eccezionale libertà della scuola parentale è costituita dalla possibilità di scelta delle metodologie didattiche ed esperienziali da adottare e attraverso cui i bambini conoscono, imparano e si appassionano al sapere.

 

Come organizzarsi?

 

Una volta affrontate le questioni burocratiche, i genitori che intendono provvedere privatamente all’istruzione dei figli dovranno decidere la modalità con cui, in pratica, organizzare la scuola parentale. Così, ci sono famiglie che, possedendo le competenze e le conoscenze necessarie, scelgono di svolgere in prima persona e in autonomia anche tutta la parte didattica.

Tuttavia, quando le famiglie trovano difficoltà a conciliare i tempi lavorativi con quelli della scuola, non sentono di possedere le necessarie competenze educative e pedagogiche, oppure temono l’insorgere di particolari dinamiche tra figli e genitori, è comune che si affidino a figure professionali dedicate e appositamente selezionate.

In ogni caso, è essenziale che coloro che si occupano della progettazione didattica e insegnano direttamente e concretamente ai bambini abbiano una formazione pedagogica e culturale adeguata.

Per fare fronte alle questioni burocratiche, ma soprattutto per gestire i problemi organizzativi e ammortizzare i costi economici che questa scelta comporta, molti genitori decidono di organizzarsi in piccoli gruppi o associazioni, solitamente con le stesse idee in merito all’istruzione ed educazione dei figli, per poi scegliere degli insegnanti che condividano tali principi.

 

Perché l’istruzione parentale? Vantaggi e svantaggi


Esistono moltissime ragioni diverse per cui le famiglie decidono di provvedere in autonomia all’istruzione dei propri figli. Se in altri paesi, come gli Stati Uniti, la scelta è spesso dovuta a motivi religiosi, una ragione molto comune è la crescente insoddisfazione nei confronti del sistema scolastico, insieme all’impossibilità di trovare una scuola valida nelle vicinanze della propria abitazione, soprattutto per chi abita in luoghi isolati.

Molti genitori apprezzano la maggiore libertà concessa dalla scuola parentale, ad esempio nella possibilità di gestire personalmente il tempo da passare con i propri figli senza sottostare ad orari imposti dall’esterno. La maggiore indipendenza permette anche di rispettare l’individualità e ritmi di apprendimento dei propri figli, che possono essere piuttosto variabili, così come dà la possibilità di affrontare e approfondire determinati argomenti, ad esempio praticare il bi/trilinguismo, e svolgere molte attività pratiche, come laboratori di musica o di arte.

Un’altra ragione per cui le famiglie scelgono l’istruzione parentale può essere il desiderio di proteggere i bambini da alcune situazioni spiacevoli, come episodi di violenza e di bullismo a scuola, oppure per non esporre i figli alle pressioni sociali del gruppo che, soprattutto in età adolescenziale, possono portare a comportamenti a rischio, come il fumo, il consumo di alcool e di droghe. 

 

Dall’altra parte, le famiglie che decidono di istruire i figli in autonomia devono affrontare non poche difficoltà. In primo luogo, il minore tempo libero a disposizione dei genitori, contrapposto ad una maggiore richiesta di impegno nella preparazione e programmazione didattica per raggiungere gli obiettivi scolastici, che può portare ad un aumento dello stress e della fatica, soprattutto per quei genitori che scelgono di fungere anche da insegnanti. Anche le spese possono essere importanti, soprattutto qualora uno dei coniugi dovesse essere costretto a lasciare il lavoro per poter seguire l’istruzione dei figli. Inoltre, bisogna anche considerare la minore disponibilità di spazi e risorse, come laboratori e palestre.

Infine, non si può non tenere conto della diffidenza delle altre persone nei confronti di una pratica, pur in continua espansione, così distante dalla norma sociale. Il diverso mette a disagio e fa paura, ed è possibile che alcune persone non accettino di buon grado le scelte di famiglie che educano i bambini a casa.

 

Il punto di vista psicologico

 

Decidere di istruire i figli privatamente ha delle importanti conseguenze a livello psicologico, sia dei bambini che dei genitori.

Come discusso, la scuola parentale può contribuire a ridurre la frustrazione e la difficoltà emotiva che molti bambini sentono nell’andare a scuola. D’altra parte, proprio il non vivere il contesto scuola, con tutte le dinamiche che comporta, riduce la possibilità di affrontare e superare le proprie paure e angosce, un’importante tappa nella crescita. 

In secondo luogo, la socializzazione e il contatto con i pari, naturali nel contesto scolastico e fondamentali per lo sviluppo, risultano fortemente limitati, in particolare nei casi in cui i bambini siano seguiti a casa direttamente dai genitori. A questo proposito, la coincidenza di ruolo tra genitore e insegnante può risultare deleteria per lo sviluppo del bambino, perché viene a mancare la fondamentale dinamica relazionale che vede un adulto esterno alla famiglia, ossia l’insegnante, diventare gradualmente una figura di riferimento per lo studente. Piuttosto inevitabilmente, nella relazione genitore-figlio tendono a prevalere gli aspetti emotivo-affettivi, che rischiano di creare una dinamica eccessivamente sbilanciata in senso affettivo, a scapito dell’autorità e dell’asimmetria di ruoli che sono cruciali in un rapporto educativo.

In aggiunta, un aspetto di particolare rilievo è rappresentato dalla minore esperienza sociale a cui è sottoposto un bambino che non frequenta la scuola tradizionale, per cui viene a mancare il confronto con il gruppo dei pari e con la diversità, entrambi essenziali per la formazione della propria identità. Per chiarire l’importanza di questo aspetto, è necessario considerare la funzione psicologica svolta dalla scuola, intesa come istituzione sociale.

La scuola rappresenta il luogo della socializzazione secondaria, un processo che origina da tutte quelle relazioni di cui il bambino fa esperienza a livello extra-familiare.

Contrapposta a quella primaria, che avviene all’interno della famiglia, la socializzazione secondaria è l’insieme dei processi di formazione delle competenze specifiche che consentono agli individui di svolgere ruoli particolari e di assumerne via via di nuovi. L’elevata differenziazione delle società moderne richiede che ogni individuo ricopra e alterni con successo una pluralità di ruoli, gestendoli in modo fluido e consapevole. Così un adulto può essere genitore, dipendente in un’azienda, marito, amico, fratello, figlio… L’insieme dei ruoli svolti dal soggetto nelle varie sfere della vita alle quali appartiene ne costituisce l’identità sociale, che si forma nel continuo confronto con l’altro. Ogni ruolo richiede specifiche competenze ed implica l’uso di linguaggi e comportamenti differenti, che è importante imparare a conoscere e regolare.

L’inizio del processo di socializzazione secondaria è convenzionalmente segnato dall’ingresso nella scuola d’infanzia, per continuare per tutto il corso della vita. L’inizio della scuola comporta un allargamento notevole della rete relazionale del bambino, in cui potrà incontrare altre figure di autorità diverse dai genitori, rappresentate da insegnanti ed educatrici, oltre ad inserirsi all’interno di un gruppo di pari in cui potrà instaurare nuovi tipi di relazioni orizzontali, come l’amicizia.

La classe rappresenta, inoltre, un microcosmo sociale in cui i bambini possono sperimentare le regole, i tempi, le richieste e le responsabilità tipiche del contesto scuola, imparando a vivere in modo consapevole i principi della convivenza civile.

Per questi motivi, l’esperienza dell’istruzione parentale non è psicologicamente equiparabile a quella fornita dalla frequentazione del sistema scolastico tradizionale, ponendo particolari sfide a coloro che decidano di intraprendere questo percorso per l’educazione dei figli.

Ciononostante, è possibile notare che la scuola, pur essendo il principale, non è l’unico luogo di confronto sociale a disposizione dei bambini. Le cosiddette attività extrascolastiche, come la partecipazione a club sportivi, la frequentazione dell’oratorio, i gruppi teatrali, le lezioni di musica, di pittura o quant’altro, sono tutte occasioni in cui confrontarsi con i pari e con adulti diversi dai genitori. Pertanto, è opinione di chi scrive che la pratica dell’istruzione parentale non sia da sconsigliare di per sé, a patto di prevedere un numero sufficiente di attività sociali al di fuori della famiglia che consentano ai figli il necessario confronto con il resto della società, unica vera lacuna e possibile problema di questa scelta.

In conclusione, la scuola parentale, se organizzata correttamente dal punto di vista didattico e pedagogico, costituisce una valida alternativa di istruzione per ogni ordine e grado, purché siano garantiti i diritti e i bisogni dei bambini e ragazzi all’apprendimento e alla socialità.

 

Spesso, pur avendone l’intenzione, molti genitori non sanno come procedere nel percorso e si fanno scoraggiare dalle prime, grandi, difficoltà. In questi casi, può essere utile fare affidamento ad un professionista che, conoscendo sia i bisogni educativi che quelli psicologici dei ragazzi, possa aiutare i genitori fornendo percorsi di studio e lezioni individuali e di gruppo, supporto ai compiti e tutoring, sostegno psicopedagogico alla famiglia e una consulenza personalizzata sui processi di apprendimento.

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