15 novembre 2020
Hikikomori è una parola giapponese che significa "stare in disparte", usata per identificare chi decide di ritirarsi volontariamente dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria abitazione, spesso in una singola camera, senza intrattenere alcun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta nemmeno con i propri genitori.
Per quanto riguarda il Giappone, le indagini condotte finora dal governo hanno identificato oltre 1 milione di casi, con un’altissima incidenza anche nella fascia di popolazione sopra i 40 anni. Sebbene l'hikikomori insorga principalmente durante l'adolescenza o la prima età adulta (20-25 anni), tale problematica tende a cronicizzarsi molto facilmente e può durare potenzialmente tutta la vita.
Riconoscere i segnali
Chi è sulla via per diventare un
hikikomori può mostrare il proprio disagio in svariati modi, dal
restare chiusi in casa tutto il giorno, all’uscire solo di notte o
alla mattina presto, quando si ha la certezza di non incontrare
nessuno, fino a fare finta di recarsi a scuola o al lavoro,
girovagando invece senza meta per tutto il giorno.
Effettivamente,
i giovani con questa problematica non presentano alcun interesse
verso attività esterne (come frequentare la scuola o avere un
lavoro), e tipicamente non intrattengono nessuna relazione con
compagni o colleghi.
Per poter parlare di hikikomori, il ritiro sociale deve persistere per almeno sei mesi, e non devono essere presenti altri disturbi i cui sintomi potrebbero essere alla base della chiusura in se stessi, come schizofrenia o depressione.
Si tratta di giovani che percepiscono una distanza tra ciò che sono e ciò che pensano dovrebbero essere, colmandola con sentimenti di impotenza, scoraggiamento, frustrazione e, in certi casi, rabbia. Così, progressivamente, cominciano le ripetute assenze a scuola, fino a sfociare nell’assenteismo, frequentissimo nei casi di hikikomori, che può durare anche anni. Per fronteggiare il proprio malessere, gli hikikomori restringono sempre di più lo spazio intorno a sé stessi, fino a rimanere confinati nelle proprie stanze. Gradualmente, le interazioni diventano sempre più marginali, fino a che smettono anche di mangiare con la propria famiglia. Un altro importante segnale è l’inversione del ritmo sonno-veglia, per cui spesso dormono di giorno preferendo stare svegli nelle ore notturne, dedicandosi ad attività solitarie come ad esempio, ma non necessariamente, navigare in internet.
Le cause
Solitamente, le madri dei ragazzi hikikomori tendono a essere eccessivamente protettive ed apprensive nei confronti dei figli, mentre i padri sono spesso assenti, generalmente per motivi di lavoro. Per motivi diversi, quindi, i genitori faticano a relazionarsi con il figlio, il quale il più delle volte rifiuta qualsiasi tipo di aiuto, faticando a riconoscere la problematicità del proprio stile di vita.
Rispetto alla scuola, si può notare che l'ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo, tanto che, come descritto in precedenza, un’assenza prolungata o il rifiuto di frequentare le lezioni sono uno dei primi campanelli d'allarme dell'hikikomori. È frequente, a questo proposito, che la dinamica di isolamento venga innescata da un episodio o una storia di bullismo.
Isolamento volontario e isolamento forzato
L'isolamento forzato, dall’altra
parte, non ha tale base motivazionale e non viene attuato per
sottrarsi al proprio ambiente, al quale invece si vorrebbe tornare.
Ciò significa che le ripercussioni psicologiche sono necessariamente
differenti e particolarmente negative, determinando forte sofferenza
e intenso malessere, come già discusso in questo articolo. Pertanto, non si può parlare di hikikomori se l'isolamento risulta forzato, e non volontario.
Cosa fare se si sospetta un caso di hikikomori
Passando molto tempo nello stesso, piccolo ambiente, ripetendo giorno dopo giorno la stessa routine e le stesse attività, un hikikomori va a costruirsi un mondo che finisce per apparirgli come l'unico possibile, il solo in cui può esistere. La sua scelta è rimanere dentro la propria stanza, lontano dalle dinamiche di una società che disprezza e da cui si sente disprezzato, oltre che messo in difficoltà.
Per questo motivo, nella stragrande maggioranza dei casi, la richiesta non proviene direttamente dal ragazzo hikikomori, bensì sono i genitori, allarmati del comportamento del figlio, a sentire il bisogno di cercare un aiuto esterno, solitamente in seguito a numerosi tentativi, regolarmente frustrati, di fargli riprendere la scuola o farlo uscire dalla stanza.
Nel caso si sospetti o si tema di avere a che fare con una persona hikikomori, è fondamentale fare riferimento al proprio medico di fiducia o, preferibilmente, ad uno specialista della salute mentale. È della massima importanza che il trattamento psicologico sia iniziato il più precocemente possibile, per evitare che la problematica diventi cronica. Dopo un passaggio con i familiari, lo psicologo cercherà di ridurre le difficoltà iniziali alla cura, tipiche dei pazienti con ritiro sociale, affrontando le resistenze iniziali con un possibile trattamento a domicilio. Sarà cura dello psicologo, inoltre, sostenere la famiglia con un percorso dedicato e impostato sulle personali esigenze del caso.
Ciononostante, l’obiettivo comune a tutti gli interventi rimane quello di sospendere la situazione di isolamento fisico e sociale, portando l’hikikomori ad uscire dalla propria bolla, ossia dall’ambiente “sicuro” che si è costruito nel tempo, e sostenendolo ad assumere un ruolo maggiormente incluso e attivo nella società. Se il ritorno alla vita sociale può includere la ripresa della scuola o del lavoro, non può limitarsi a reintegrare l’individuo negli ambienti che ne hanno determinato l’isolamento, per non rischiare di provocare delle ricadute e quindi una ricomparsa della problematica. Per questo motivo sono importanti gli interventi di natura psicosociale, finalizzati ad accrescere le competenze psicologiche ed emotive e personalizzati a seconda delle caratteristiche del soggetto.
Chi ha deciso di chiudersi in una bolla non può e non deve essere trascinato fuori, ma sostenuto e convinto a farla scoppiare lui stesso, con una decisione pari a quella che lo ha portato a crearla, quindi aiutato ad affrontare in modo più sereno le difficoltà della vita quotidiana.
Informazioni personali

- Emma Messina
- Sono una psicologa abilitata e un’insegnante, con esperienza più che quinquennale nel settore.
Nel mondo scolastico, ho maturato un'esperienza particolare nei confronti di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, problemi di motivazione e di ansia da prestazione. Da anni tengo lezioni sul metodo di studio a studenti di ogni età, per promuovere l’autonomia, rinforzare l’autostima e recuperare le abilità scolastiche.
Parallelamente, offro un servizio di sostegno ai genitori, affinché possano mantenere e consolidare i risultati ottenuti dai figli in un clima di serenità e reciproca comprensione.
Servizi offerti:
- Processo di diagnosi e Valutazione Psicologica;
- Tutoring elementari/medie/superiori/università;
- Orientamento;
- Crescita personale;
- Sostegno genitoriale;
- Consulenza psicologica.
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