04 ottobre 2020

Il mal di scuola: il rifiuto scolastico



“Mio figlio non vuole più andare a scuola”

“Non riesco a fargli fare i compiti!”

“Magari non ha più interesse per lo studio…”

“Proprio non si vuole impegnare”

“Piange, si dispera e non vuole entrare in classe, che succede?”

Il rifiuto scolastico

 

Ambiente formativo e stimolante per eccellenza, frequentato quotidianamente a partire dai sei anni di età – quando non prima –, la scuola è prima di tutto un luogo di allenamento alla vita, un percorso alla scoperta di sé e del mondo. Talvolta, però, sia per i bambini che per gli adolescenti, le mura scolastiche possono tramutarsi in una fonte di timori, preoccupazioni e vero e proprio disagio. In particolare, oggi sono in aumento le famiglie che si trovano ad affrontare un rifiuto scolastico da parte di un figlio, una condizione emotiva caratterizzata da una forte resistenza e spesso da un’aperta opposizione ad andare a scuola e/o rimanervi per l’intera giornata.

 

Come si manifesta

 

Il cosiddetto comportamento di rifiuto scolare raggruppa un’ampia gamma di atteggiamenti che il bambino o il ragazzo può adottare nei confronti della scuola.


Per le gravi difficoltà ad andare a scuola, la frequenza può essere discontinua e vissuta con forte disagio, con assenze reiterate, ritardi regolari (come perdere l’autobus ogni giorno) e continue uscite anticipate, ma si può avere anche un periodo di assenza prolungata, fino all’assenteismo vero e proprio, che può durare anche mesi. Ciò si accompagna spesso a ritiro sociale, non solo dall’ambiente scolastico, ma anche dalle relazioni amicali e dagli impegni extrascolastici.

Lo studente può lamentare malesseri improvvisi, come mal di pancia, mal di testa, vomito o persino febbre, soprattutto quando è il momento di andare a scuola. Come si è visto in questo articolo, i bambini e gli adolescenti tendono a esprimere la propria ansia e l’angoscia attraverso il corpo, usandolo per comunicare il proprio malessere. In questi casi, però, i sintomi di malessere fisico tendono a diminuire spontaneamente nei giorni del fine settimana e in prossimità di vacanze.

Quando l’ansia diventa troppo intensa, poi, possono insorgere attacchi di panico, crisi di pianto e anche scatti d’ira. Soprattutto negli adolescenti, il cui rifiuto scolastico risulta di frequente un modo per reagire alle pressioni che sentono gravare su di sé, vi possono essere comportamenti aggressivi, esplosioni di rabbia e tentativi di autolesionismo, considerato una via di fuga da una situazione percepita come al di fuori del proprio controllo.

I bambini possono manifestare paura di separarsi dai genitori, gridando e protestando prima di andare a scuola, faticando a salutarli al mattino e pregandoli di rimanere, invece, a casa con loro.

Il sommarsi di piccoli segnali, quindi, ne fa una sindrome difficile da riconoscere e che si sviluppa in modo insidioso.

 

Le cause

 

Anche se il rifiuto scolare interessa bambini e ragazzi di ogni età, è possibile individuare alcuni momenti del ciclo scolare in cui è più comune l’insorgenza di questa problematica. In primo luogo, le età del cambio scuola sono particolarmente vulnerabili, ossia a 5/6 anni per l’entrata alle elementari, 10/11 per l’entrata alle medie e 13/14 per le superiori. Sono momenti di grandi novità, che portano con sé diverse aspettative e responsabilità, come nuovi insegnanti, nuovi compagni, nuovo metro di giudizio, nuove abitudini, nuovi edifici spesso più distanti da casa, e così via.

Inoltre, il problema trova una certa diffusione all’inizio dell’anno scolastico, al rientro dalle vacanze invernali, e dopo periodi di assenza da scuola dovuti a malattie o altre cause familiari, in cui probabilmente il bambino fatica a ritornare ai ritmi imposti dalla vita scolastica.

Altre volte, invece, il rifiuto compare in modo brusco, quando ormai la fase del primo inserimento può essere considerata superata senza grosse difficoltà. In questi casi, è possibile che alla base della problematica ci sia un episodio specifico, come un evento stressante vissuto a scuola o a casa, un litigio con un compagno, una situazione di bullismo, problemi con un insegnante, malesseri fisici vissuti a scuola (come un attacco di panico) o insuccessi didattici.

Il rifiuto della scuola può essere un modo per evitare luoghi o situazioni che generano ansia o paura, come il timore di separarsi dai genitori, di non ritrovare la strada di casa o dei rimproveri della maestra, preoccupazioni tipiche dei primi anni di scuola materna o elementare, quando la scuola può spaventare perché è un ambiente nuovo e ancora sconosciuto.

Con la crescita, invece, si cercano di evitare delle situazioni sociali o valutative che provocano ansia, come le interrogazioni, le verifiche e le prestazioni scolastiche. Quando la valutazione viene vissuta come un giudizio, un eventuale cattivo rendimento pone lo studente di fronte alla convinzione di non essere abbastanza intelligente e capace. Oltre ad aumentare lo stato di ansia, l’angoscia per la valutazione logora inesorabilmente la motivazione verso lo studio, fino a che lo studente diventa privo d’interesse, svogliato e rassegnato.

È inoltre comune la paura di essere rifiutato, escluso dal gruppo, preso in giro o maltrattato, che porta all’evitamento del rapporto con i compagni e gli altri studenti.

Rifiutarsi di andare a scuola, poi, può essere un modo per attirare l’attenzione dei genitori, soprattutto in un momento che vede importanti cambiamenti in famiglia, come la separazione tra coniugi, la nascita di un fratellino/sorellina, lutti di persone care come i nonni o il trasferimento in un’altra città.

Un altro ordine di cause riguarda la presenza di disturbi dell’apprendimento, che possono suscitare sentimenti di inadeguatezza, inferiorità e bassa autostima, che rendono particolarmente pesante lo stare a scuola.

Anche le aspettative troppo elevate da parte degli adulti possono creare un rifiuto della scuola. Quando sono sentite come troppo grandi o sono vissute in modo esasperato, le aspettative diventano un macigno da cui si viene schiacciati. Sostenerle ogni giorno diventa troppo faticoso e la scelta più facile, per un bambino o un ragazzo, è quella di rifiutarsi di fare i compiti oppure di andare a scuola.

 

A questi fattori, spesso, si aggiungono anche le influenze di particolari regimi educativi. Così, una volta nel mondo della scuola, avere dei genitori eccessivamente indulgenti può tradursi nella difficoltà d’interiorizzazione delle regole scolastiche e dei rimproveri delle maestre.

Infine, anche una dipendenza eccessiva può essere nociva, così come un’eccessiva conflittualità e problemi di comunicazione e nelle assunzioni dei ruoli.

 

Le conseguenze

 

Per le sua caratteristiche, il rifiuto scolastico viene purtroppo frequentemente minimizzato da parte dei genitori, che possono vedere la mancanza di voglia ad andare a scuola come un momento passeggero e circostanziale, tendendo a giustificarla con interpretazioni come: “oggi si è svegliato male”, “sarà preoccupato per la verifica”, “magari c’è qualche compagno che lo infastidisce”, “ogni tanto un giorno di riposo non fa male”.  

 

A questa pericolosa tendenza contribuisce anche il fatto che, nei casi in cui il bambino o il ragazzo veda assecondate le sue richieste e rimanga a casa, questi si comporti tipicamente in modo particolarmente diligente e collaborativo, riuscendo a svolgere comunque tutti i compiti assegnati in classe con impegno, mostrando interesse e serenità, tanto che è possibile che non vi siano carenze significative nel rendimento scolastico anche a seguito di lunghi periodi di assenteismo.

Ciò non toglie, però, che il rifiuto scolastico possa avere gravi conseguenze, sia nel breve che nel lungo periodo.

Il fatto che il bambino non vada a scuola e non svolga in modo completo le attività previste per la sua classe può rallentarne lo sviluppo cognitivo e intellettuale.

Inoltre, gli scarsi e a volte problematici rapporti con i compagni non favoriscono un adeguato sviluppo delle competenze sociali, mettendo in moto, talvolta, un circolo vizioso di difficoltà relazionali che, tra le altre cose, possono aumentare anche le problematicità all’interno del contesto familiare.

Sul lungo termine, invece, la difficoltà ad andare a scuola può generare uno stato di ansia cronica, fino allo sviluppo di un disturbo d’ansia, così come un basso livello di autostima, che possono ostacolare il raggiungimento di un benessere personale e professionale in età adulta.

Il malessere di questi ragazzi, quindi, è particolarmente significativo e incide non solo sul rendimento scolastico, ma anche sulla costruzione della propria identità e personalità e lo sviluppo delle competenze sociali e relazionali.

In conclusione, se non trattato adeguatamente e per tempo, il rifiuto scolastico può facilmente trasformarsi in un problema cronico con considerevoli effetti negativi sullo sviluppo del bambino.

 

Cosa fare

 

Per poter comprendere come intervenire, è innanzitutto fondamentale capire la motivazione legata al rifiuto scolare, per poter poi procedere nella maniera più adeguata.

Pertanto, diventa essenziale dialogare con il bambino, cercando di comunicare apertamente su quanto sta vivendo, oltre che osservare e monitorare i suoi comportamenti rispetto alla scuola e a i compiti.

È importante cercare di assicurarsi che la preoccupazione del bambino riguardi solo la scuola e non sia invece una qualche forma di ansia più generalizzata, che influenzi in modo più ampio la sua quotidianità, oppure una manifestazione di tristezza o depressione, sintomo di un malessere interiore più profondo, causato da altri fattori.

Una volta giunti ad un’ipotesi sulle cause, sarà possibile pianificare un percorso psicologico per trattare il rifiuto scolare che, a seconda del caso, riguarderà il bambino/ragazzo, la coppia genitoriale o anche l’intero nucleo familiare. Oltre a stabilire dei momenti di ascolto del bambino, delle sue esigenze e dei suoi progressi, un lavoro di aiuto e sostegno alla genitorialità può essere particolarmente utile per evitare che i genitori agiscano involontariamente da rinforzi delle assenze scolastiche del figlio o delle sue preoccupazioni.

In molti casi, risulta prezioso anche il supporto degli insegnanti e della scuola, che in ogni caso andrebbero informati sulla problematica in corso. 

Lo psicologo lavorerà con i genitori per sviluppare un programma di reinserimento del bambino o del ragazzo nelle attività scolastiche, che deve essere sempre graduale e programmato insieme alla scuola.

Dopo aver raggiunto i primi successi, insieme allo specialista si può puntare sul rinforzo dell’autostima del bambino o ragazzo, un aspetto che riguarda sia le relazioni con i compagni, con gli insegnanti e con la propria famiglia, sia il rendimento scolastico, per evitare nuove ricadute.

Per affrontare il rifiuto scolastico di un figlio, in conclusione, l’importante è sapere e ricordarsi che la paura di andare a scuola ed abbandonare casa può essere trattata e risolta con successo.

 


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