25 gennaio 2021
L’intelligenza è un concetto complesso e dalle molte sfaccettature, che comprende abilità mentali e psichiche come elaborare modelli, pensare in astratto, capire gli altri e generare nuove idee.
Negli ultimi decenni, numerosi studi hanno riscontrato come tali capacità abbiano subìto un calo significativo all’interno della popolazione, quantitativo e qualitativo, soprattutto fra le nuove generazioni, in controtendenza con quanto riscontrato durante il secolo scorso.
A partire dal secondo dopoguerra, il quoziente d’intelligenza medio della popolazione è stato interessato da un continuo incremento, un fenomeno talmente riconosciuto e acclarato da meritare un nome specifico, lo spesso citato “effetto Flynn”. Tale tendenza ha ricevuto numerosissimi tentativi di spiegazione. L’aumento costante del quoziente di intelligenza è stato interpretato alla luce dei miglioramenti nelle condizioni di salute della popolazione, nell’alimentazione, nello stile di vita e nell’istruzione scolastica. Fino agli anni ’90, l'idea diffusa e dominante nei paesi occidentali avanzati era che si potesse progredire all’infinito (nel QI medio come in molti altri ambiti sociali), sviluppare un’intelligenza senza limiti, cavalcando l’onda dell’ottimismo associato allo sviluppo tecnico, sempre più rapido durante i decenni successivi alla Seconda guerra mondiale.
Ma la realtà evidenzia una tendenza contraria. Varie analisi dei test del quoziente intellettivo, svolte negli ultimi anni, indicano una parabola discendente. La “spinta” dell’effetto Flynn potrebbe essersi esaurita nei paesi altamente sviluppati e, a partire dagli anni duemila, è cominciata una lenta, ma inesorabile, decrescita del pensiero cognitivo.
È importante evidenziare, in ogni caso, che i concetti di quoziente intellettivo e intelligenza sono tutt’altro che sovrapponibili. Questo perché i test di valutazione del QI valutano solo una parte dell’intelligenza di una persona, e in particolare le macro aree di comprensione verbale, ragionamento visuo-percettivo, memoria di lavoro e velocità di elaborazione, senza però tenere in considerazione molte altre sfaccettature, come le capacità comunicative, l’empatia, la consapevolezza emotiva o l’abilità di pianificare seguendo degli obiettivi.
Oltre al QI, però, gli indicatori standardizzati delle prestazioni scolastiche indicano che le competenze accademiche, in particolare quelle matematiche e linguistiche, sono in calo. Ma per quale motivo i ragazzi risultano essere meno intelligenti dei genitori?
Secondo le ricerche, il fenomeno non può essere spiegato da fattori genetici o dai movimenti migratori, poiché le variazioni nel quoziente d’intelligenza si manifestano anche all’interno della stessa famiglia.
L’inversione dell’effetto Flynn, invece, sembra essere dovuta a fattori ambientali esterni, come uno stile di vita maggiormente sedentario e un’alimentazione caratterizzata dalla presenza maggiore di cibi industriali. I fattori più incisivi del calo sembrano però essere l’abbassamento nella qualità del sistema di istruzione, il declino dei valori educativi in funzione di quelli istruttivi, basati sull’esaltazione dell’apprendimento e della conoscenza funzionali (cioè direttamente spendibili in ambiti lavorativi), e l’utilizzo crescente di televisione, media e tecnologie digitali.
Una delle questioni più spinose riguarda, in modo specifico, il deterioramento della qualità di insegnanti, che preparano in modo inadeguato gli studenti, i quali a loro volta diventeranno docenti mediocri, in una spirale discendente che porta ad un continuo peggioramento e che può essere spezzata solo da un serio investimento nel sistema di istruzione, in coppia con delle riforme che abbiano il coraggio di andare in controtendenza con quelle degli ultimi decenni.
Per concludere questa breve introduzione e, allo stesso tempo, aprire il prossimo capitolo, si sottolinea che l’inversione dell'effetto Flynn, per la sua rilevanza, è un fenomeno ancora largamente discusso. In questo articolo si vuole solamente fornire una riflessione su uno dei fattori che contraddistingue la modernità e che può influenzare notevolmente le abilità cognitive, ossia il linguaggio e il suo impoverimento, anche dovuto all’uso – e abuso – degli strumenti digitali.
L'impoverimento del linguaggio
Il declino dell’intelligenza media della popolazione è da attribuire, in concomitanza con altri fattori, all’impoverimento del linguaggio e al restringimento della sfera lessicale.
Il rapporto tra linguaggio e pensiero è stato ampiamente trattato dalla filosofia e dimostrato da molteplici studi, che hanno analizzato i modi in cui il linguaggio possa potenziare il pensiero e, viceversa, come le facoltà di pensiero possano influenzare la capacità linguistica, in una relazione bidirezionale. In altri termini, una contrazione del vocabolario utilizzato, con una conseguente riduzione delle sottigliezze linguistiche, limitano la capacità di elaborare pensieri complessi.
A titolo di esempio, la progressiva scomparsa di modi e tempi verbali, come il congiuntivo, il passato remoto, le forme composte del futuro o il participio presente e passato, genera un pensiero incatenato nell’eterno presente, incapace di ricordo critico del passato e di proiezioni (astratte) nel tempo futuro.
Allo stesso modo, la precisione e la varietà dell’espressione, verbale o scritta che sia, sono estremamente inibite dalla generalizzazione del pronome “tu”, dalla scomparsa della forma impersonale e dall’estinzione delle lettere maiuscole e della punteggiatura.
L’eliminazione di una parola, quindi, non implica solo la rinuncia al suo suono, ma anche al concetto che questa esprime. Usare meno parole e meno verbi coniugati corrisponde a una minore capacità di esprimere emozioni e limita la possibilità di elaborare un pensiero, un ragionamento complesso.
Allo stesso tempo, senza le parole necessarie a costruire un ragionamento, il pensiero complesso è ostacolato, impedito, reso impossibile. Insomma, più la lingua è resa povera, meno pensiero può esistere.
Tutto questo ha un impatto diretto sulla persona che vive nell’incapacità di tradurre le emozioni in parole, mancanza associata ai comportamenti violenti sia nella sfera pubblica che privata.
Questo perché non può esistere pensiero critico, e quindi possibilità di dissenso (o, di converso, assenso consapevole), senza le parole. Come si può elaborare un pensiero ipotetico-deduttivo senza padroneggiare l’uso del congiuntivo e del condizionale? Come immaginare un futuro, senza poter accedere ad una coniugazione nel futuro? Come è possibile concepire una temporalità, ossia una successione di eventi nel tempo, passati o futuri, con la loro durata relativa, senza un linguaggio che distingua tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che era, ciò che è, pensare a cosa potrebbe succedere dopo che ciò che potrebbe accadere è effettivamente accaduto?
Confusi? Allora propongo un esperimento. Provate a pensare a qualcosa a cui non corrisponda una parola. Non ci riuscite? Appunto.
Il mondo digitale
Si consideri ora la profonda e inarrestabile trasformazione culturale prodotta dalle tecnologie definite “digitali”, che sta travolgendo come uno tsunami l’esperienza e la cognizione umana.
L’incredibile velocità con cui lo sviluppo tecnologico investe la società, trasformandola in un processo di continua ed esponenziale confusione, lascia senza parole. Anche in senso letterale.
Da parte sua, il patrimonio linguistico si arricchisce continuamente di nuovi lemmi, per dare un nome ai nuovi concetti e fenomenologie che emergono al seguito di questo sviluppo tecnico. Tuttavia, tale incremento si rivela insufficiente, o quanto meno troppo lento, per padroneggiare concettualmente l’insieme delle trasformazioni generate dalle tecnologie digitali.
In altre parole, disponiamo delle parole che ci rendono in grado di creare nuove tecnologie velocemente e in grandi quantità, ma non ne possediamo a sufficienza per comprenderne l’impatto che queste hanno a livello globale, sul pianeta, sulla specie, sulla società e sulla nostra mente.
Parallelamente, a partire dal secolo scorso ha preso avvio una seconda trasformazione culturale che, negli ultimi anni, sta subendo una particolare e crescente accelerazione. Si tratta della conversione, della tendenza, al cosiddetto pensiero “tecnico”, ossia derivato dall’ambito scientifico, a scapito di quello “umanistico”, che valorizza l’apprendimento e la conoscenza in quanto tale.
La formazione culturale e l’istruzione, e di conseguenza il linguaggio, stanno virando sempre più verso un approccio scientifico specialistico. Questa dinamica premia la creazione arbitraria e l'introduzione di parole prive di connotazioni etiche o morali, esclusivamente descrittive, svuotando di senso anche tutte quelle con carica valoriale forte (cioè le parole che descrivono l'uomo a sé stesso, permettendogli di crearsi un “senso”).
Analizzando i principali veicoli di comunicazione dei media e dei social, si può notare come questi abbiano determinato numerosi cambiamenti all’interno della società, i cui effetti si conoscono solo in parte.
Innanzitutto, negli ultimi anni e nelle generazioni più giovani (pur essendo un fenomeno che interessa anche le fasce più adulte della popolazione), l’aumento esponenziale del tempo trascorso sugli smartphone e sui social media, fino a diventare eccessivo, risulta giocoforza tempo sottratto ad altre attività formative, ossia afferenti all’ambito scolastico, ma non solo.
La necessità, imposta dai nuovi media, di comunicare in modo semplice, diretto e veloce, porta ad un graduale impoverimento del linguaggio. In particolare, l'utilizzo crescente e sempre più dilagante di una comunicazione visiva, con pittogrammi, ideogrammi ed icone, sembra essere alla base di una riduzione della capacità immaginativa, indispensabile per creare ed elaborare informazioni complesse.
Allo stesso tempo, il pensiero e il ragionamento, e specificatamente le capacità elaborative, sono stati ormai da tempo abbondantemente superati, in rapidità ed efficienza, da processori sempre più potenti, piccoli e veloci. Come risultato, la mente è sempre meno stimolata ad impegnarsi in operazioni che richiedano tempo e sforzo, delegando la ricerca delle risposte allo strumento tecnologico, nell'illusione che questi possa elaborare anche decisioni qualitative, come decidere cosa sia giusto o sbagliato. Per una sorta di contrappasso, la mente umana tende a livellarsi con le prerogative della macchina da lei stessa creata, smettendo di pensare per ridursi alla sola computazione (cioè mero calcolo quantitativo).
Cosa fare
Questo quadro, alquanto desolante, non è stato descritto per scoraggiare o demoralizzare i genitori, gli insegnanti o gli educatori che ancora credono e investono nelle nuove generazioni, ma vuole essere piuttosto un incoraggiamento, un richiamo alla necessità di invertire una pericolosa tendenza.
Per contrastare il sistema ormai diffuso, che porta all’appiattimento cognitivo ed emotivo, la regola fondamentale da seguire è frequentare ambienti stimolanti, che possano risvegliare i sensi, le abilità di ragionamento e la creatività.
I figli, gli studenti e i ragazzi vanno fatti parlare, leggere, scrivere, esprimere (liberi e protetti dallo stigma sociale) e confrontare tra loro e con gli adulti in modo aperto.
È essenziale insegnare e praticare loro la lingua madre in modo approfondito e nelle sue forme più diverse, anche se appare complessa, specialmente se è complessa. Questo sforzo è indispensabile per poter comprendere, poter pensare, poter ragionare. Al contrario, la supposta necessità di semplificare l'ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti” o dei termini “superati”, abolire i generi, i tempi verbali, le infinite sfumature di un dizionario dei sinonimi, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell'impoverimento mentale e nemici della libertà di pensiero.
Non c’è dissenso senza la capacità di elaborare ed esprimere un concetto in autonomia.
Non c’è consapevolezza senza il pensiero di se stessi.
Non c'è bellezza se non si può pensare la bellezza.
Informazioni personali
- Emma Messina
- Sono una psicologa abilitata e un’insegnante, con esperienza più che quinquennale nel settore.
Nel mondo scolastico, ho maturato un'esperienza particolare nei confronti di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, problemi di motivazione e di ansia da prestazione. Da anni tengo lezioni sul metodo di studio a studenti di ogni età, per promuovere l’autonomia, rinforzare l’autostima e recuperare le abilità scolastiche.
Parallelamente, offro un servizio di sostegno ai genitori, affinché possano mantenere e consolidare i risultati ottenuti dai figli in un clima di serenità e reciproca comprensione.
Servizi offerti:
- Processo di diagnosi e Valutazione Psicologica;
- Tutoring elementari/medie/superiori/università;
- Orientamento;
- Crescita personale;
- Sostegno genitoriale;
- Consulenza psicologica.
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