29 marzo 2021

L’importanza dell’amicizia, dalla prima infanzia all’adolescenza (parte 1)


(Clicca qui per leggere la seconda parte)

 

L'interazione con le altre persone è la base fondamentale da cui si sviluppano l’identità personale, l’autostima e il senso di fiducia in se stessi, oltre ai propri obiettivi di vita.

Le relazioni del bambino con gli altri e con l’ambiente che lo circonda, sono quindi di fondamentale importanza per il suo sviluppo sociale e cognitivo.

Crescendo, e successivamente durante tutta la sua esistenza, l’individuo tenderà a cercare persone simili a sé, con le quali creare dei rapporti affettivi. Per questo motivo, la socializzazione rappresenta un processo che dura tutta la vita e ne influenza l’andamento e il benessere.

Inizialmente, durante i primi anni di vita, le interazioni coinvolgono principalmente i genitori e, secondariamente, eventuali fratelli. Nel corso della crescita, le relazioni con i coetanei e con i compagni acquistano un’importanza sempre maggiore, fino ad assumere un ruolo primario nell’adolescenza.

Il rapporto di amicizia e il modo di interagire con i pari assumono caratteristiche particolari nelle varie fasi di crescita, la cui conoscenza e interpretazione può essere determinante per riconoscere eventuali difficoltà o problemi, dato che questi meccanismi sembrano essere stabili negli anni e possono contribuire a prevedere lo sviluppo di futuri problemi di adattamento.

 

Lo sviluppo del rapporto con i pari e dell’amicizia


Contrariamente al senso comune, anche i bambini piccoli sono in grado di stabilire legami stabili, selettivi e reciproci. instaurare relazioni è uno dei compiti fondamentali dell'infanzia, in quanto queste garantiscono il sostegno e la percezione di una base sicura da cui partire per l’esplorazione del mondo esterno.

In maniera istintiva, il bambino cerca il contatto e la vicinanza con l’altro, per soddisfare i propri bisogni e necessità di base e raggiungere un senso di sicurezza.

Per questo motivo, l’amicizia tende a derivare da un bisogno di vicinanza e di rassicurazione emotiva, soprattutto in assenza dell’adulto di riferimento. Nei primi mesi di vita, in particolare, i bambini sono attratti dai loro coetanei. I rapporti sono caratterizzati da prossimità fisica, affettività e interesse per l’altro, e si basano sull’imitazione e su meccanismi di apprendimento per osservazione. Guardando gli altri, i bambini acquisiscono regole, anche complesse, di comportamento sociale, che includono il coordinamento dell’attenzione, la condivisione delle emozioni e la comprensione dei sentimenti.

Se a 3 mesi è possibile osservare un certo interesse per gli altri neonati, talvolta anche maggiore di quello rivolto agli adulti, tra i 9 e i 12 mesi si hanno i primi veri contatti con gli altri bambini, che risultano piuttosto semplici e non contraccambiati.

A partire dal secondo anno di vita, le relazioni diventano più animate, specialmente nel gioco, spesso basato sulla cooperazione, anche se comunque caratterizzato da difficoltà nella coordinazione delle azioni e dalla mancanza di un vero scopo comune. Gradualmente, si fa strada il gioco simbolico, ossia la modalità di gioco in cui il bambino rappresenta, mediante simboli, qualcosa che non è realmente presente (il giocare a “far finta”). In questo modo, si delineano ruoli precisi e differenti per ognuno, e compare l’alternanza dei turni. Potendo qui ricorrere anche all'uso del linguaggio, i bambini possono comunicare di più, raccontarsi storie, discutere e intraprendere attività di gioco comuni con i primi amici, la cui preferenza è data principalmente dalla familiarità dovuta alla frequentazione.

 

A partire dai due anni e mezzo, i bambini iniziano ad aiutare e a confortare i coetanei, a condividere giochi, a gratificare e a manifestare affetto. Allo stesso tempo, in maniera uguale e contraria, emerge gradualmente la capacità di opporsi all'altro con modalità più congrue ad affrontare i conflitti sociali.

La capacità di passare ad interazioni multiple, ovvero con più di due persone, che va oltre l’interazione iniziale di tipo diadico, è legata all’età e avviene in genere tra i tre e i quattro anni, anche se già dai due anni possono manifestarsi i primi scambi sociali multipli. Tra questi, è possibile identificare l’attività parallela svolta in presenza di altri bambini, che porta a imitarne le azioni, l’alternanza dei turni, oppure l‘interesse a ripetere azioni per il piacere della condivisione.

Le relazioni caratterizzate da complementarietà di ruoli e alternanza di turni aumentano notevolmente tra i 3 e i 4 anni. I bambini hanno più interazioni positive e riescono a cooperare con successo nello svolgimento di azioni e giochi, ma è attorno ai 5 anni che fanno la loro comparsa le regole e la loro condivisione nel gruppo.

A quest’età, pertanto, si inizia a delineare una cultura di gruppo e si iniziano ad avere interessi e conoscenze comuni. Il gioco si svolge maggiormente in gruppo ed è animato da scambi verbali e confronti. 

 

I bambini differenziano gli amici dai conoscenti, comprendendone la differenza, ma non colgono appieno il carattere permanente dell’amicizia, ancora associata alla maggiore frequentazione. Tipicamente, gli amici sono definiti in base alle loro caratteristiche fisiche e sono principalmente i compagni di gioco (ad es. “Sono amico di quel bambino biondo”).


Il periodo della scuola elementare

 

L’ingresso nella scuola primaria permette di entrare in contatto con nuove realtà di aggregazione in piccoli gruppi, dando il via alle dinamiche di inclusione ed esclusione, spesso legate al genere.

Le maggiori capacità di comunicare, condividere, proporre e collaborare, insieme alle più avanzate capacità cognitive ed emotive, permettono di sviluppare un maggior numero di relazioni amicali e di qualità più profonda. 

La scelta dei coetanei comincia ad essere maggiormente basata su interessi simili, conoscenze, abilità e preferenze. Le caratteristiche psicologiche dell’amico iniziano a diventare prioritarie, scalzando quelle meramente fisiche. L’amico è definito in base ai valori e al piacere della compagnia reciproca (ad esempio, “sono suo amico perché è simpatico e mi piace giocare con lui”).

 

Nei gruppi, i bambini imparano a sperimentare ruoli definiti e a sostenere particolari valori, gestendo in maniera sempre più consapevole l’impressione che creano negli altri. Tali esperienze influenzano lo sviluppo del concetto di sé e l’acquisizione delle competenze relazionali e sociali. Il senso di appartenenza al gruppo si fa sempre più intenso, e di conseguenza i gruppi diventano più coesi.


La preadolescenza

 

Alle scuole medie, i coetanei assumono maggiore importanza rispetto al passato. Se in precedenza le relazioni con gli altri bambini erano perlopiù mediate dai genitori e dagli adulti, e riguardavano soprattutto l’aspetto prettamente ludico, nella preadolescenza il coetaneo assume una nuova funzione. Pur rimanendo il compagno di gioco, l’amico diventa anche il confidente, il complice, il rivale, l’elemento di confronto con la realtà.

Tipica di quest’età è l’esperienza della diade amicale, il cosiddetto “amico del cuore”, composta da coetanei dello stesso sesso che condividono esperienze, si scambiano confidenze, e riservano al loro rapporto un carattere di esclusività che tenderà a venir meno nell’adolescenza.

L’esperienza preadolescenziale dell’amico del cuore può comportare dinamiche riconducibili a quelle riscontrabili nelle coppie, con gelosie, richieste di esclusività, fortissima intimità e condivisione di desideri e sogni. Questo perché l’amico del cuore diventa una sorta di specchio di se stessi, un modo per conoscersi e capire chi si è attraverso gli occhi dell’altro.

Le altre amicizie, comunque importanti, sono perlopiù dello stesso sesso. Come nella scuola elementare, in classe continua la scelta di un gruppo monosessuato, ossia composto solo da maschi o solo da femmine, che è fortemente compatto, complice e, talvolta, in rivalità con il gruppo del sesso opposto.
La netta divisione che caratterizza l’età preadolescenziale ha la funzione di rendere ancora più visibili e nitide le differenze fra i sessi, aiutando i ragazzi a definirsi nella formazione della loro identità, così come nell'identità di genere.

 

All’interno del gruppo, il confronto con i coetanei diventa fondamentale e per questo continuamente cercato. Si esplorano le somiglianze con gli altri, più che le differenze, alla ricerca di una propria identità sociale e di un senso di appartenenza al di fuori della famiglia, un processo che continuerà anche per tutta l’adolescenza. Le somiglianze sono ricercate ad un livello generalmente superficiale e concreto, mediante la predilezione di specifici marchi e brand, modi di vestire o di acconciarsi, che devono risultare socialmente accettati dal gruppo che li adotta e condivide.

A questo proposito, è importante sottolineare che tale bisogno di sentirsi uguali agli altri coetanei risulta parte del processo di individuazione e di esplorazione della propria identità, e pertanto andrebbe accolto nella sua complessità, dando spazio alle richieste, ma ponendo dei limiti quando ritenuto necessario.

Se, attraverso queste dinamiche di imitazione/adesione, lo scopo del preadolescente è la ricerca di sé e l'accettazione del gruppo dei pari, bisogna comunque tenere a mente che tale ricerca è, e resta, effettuata senza né riferimenti precisi né limiti, che è dovere del genitore fornire.

 

L’adolescenza

 

L’adolescenza è indubbiamente la fase di sviluppo in cui si osserva maggiormente il potere del gruppo dei pari nell’espressione e definizione della propria identità.

I rapporti sono caratterizzati da maggiore bisogno di sostegno, supporto e condivisione, così che l’intimità e le confidenze personali risultano spesso al centro degli scambi relazionali. 

Il legame amicale assume le funzioni di condivisione e supporto psicologico, e l’amicizia diventa solida e duratura, caratterizzata da cooperazione e fiducia reciproca. Gli amici sono coloro coi quali confidarsi, sfogarsi e fare esperienza.

Rispetto alle età precedenti, l’adolescente è attivamente alla ricerca di una compatibilità psicologica e desidera un rapporto di amicizia definito da affetto profondo e stabilità nel tempo, e questo comporta la comparsa di legami di amicizia profonda e di selettività aumentata.

 

Al di fuori del contesto scolastico, un’esperienza piuttosto generalizzata consiste nell’appartenenza a gruppi giovanili di formazione spontanea, le cosiddette compagnie, che nell’adolescenza sono comunemente formate da un numero pressoché uguale di ragazzi e ragazze, con luoghi di ritrovo abituali.

Dal momento che si tratta di un’età in cui l’impulso di distacco dalla famiglia, così come i comportamenti e vissuti conseguenti, risulta un elemento basilare, il gruppo diventa il contesto in cui poter fare esperienza di se stessi e costruire la propria identità in un ambiente sicuro a cui si sente di appartenere e si è accettati.

Le relazioni tra pari contribuiscono ampiamente alla conoscenza e alla valutazione di se stessi, e per questo il gruppo assume un ruolo estremamente rilevante nello sviluppo dell’individuo, permettendogli di sperimentare una realtà differente da quella familiare e di comprendere la natura di legami basati sulla scelta reciproca e sulla condivisione di esperienze, vissuti, pensieri, interessi e valori. Nella compagnia, l’adolescente può vivere rapporti interpersonali profondi, che lo aiutano e accompagnano nella costruzione di se stesso e del proprio modo di essere.

I gruppi operano come rinforzi, modelli, tutori e fonti di sostegno sociale, e i processi che li caratterizzano definiscono e rinforzano gli obblighi reciproci, oltre a stabilire dei limiti ai comportamenti e alle aspirazioni dei singoli membri. In questo senso, il gruppo diventa una seconda famiglia, con una divisione di ruoli e funzioni, e con nuove e contrapposte regole e valori.

 

Le relazioni del futuro ricalcano quelle del passato

 

Le relazioni tra i pari sono in grado di fornire contributi allo sviluppo del bambino, soprattutto di tipo intellettuale e sociale.

 

Da una parte, il rapporto con i coetanei permette l'acquisizione di conoscenze e lo sviluppo intellettivo. 

Dal punto di vista sociale, invece, lo scambio relazionale permette la costruzione del senso di sé all’interno dell'ambiente relazionale. Inoltre, stando in un gruppo, i bambini possono interiorizzare norme che regolano il comportamento, l'aspetto ed i valori morali, determinando ciò che è accettabile e ciò che non lo è.

 

Lo sviluppo sociale, quindi, influenza le relazioni ma anche lo sviluppo personale, cognitivo ed emotivo del bambino e dell’adolescente, per cui risulta di fondamentale importanza. In più, i rapporti sociali che si instaurano durante il corso dello sviluppo fungono da schema di riferimento nella fase di transizione dell’individuo verso ruoli adulti.

Ad esempio, le relazioni amicali e con il gruppo dei pari, soprattutto in adolescenza, pongono le basi per le relazioni di coppia e per il modo in cui queste saranno vissute e affrontate.

La qualità delle relazioni di una persona, a qualsiasi età, costituisce uno degli indicatori principali per predire il suo adattamento e funzionamento nelle fasi successive della vita.

Per questo, è essenziale conoscere e saper interpretare le caratteristiche di ogni fase di sviluppo per prendere consapevolezza dei bisogni e delle necessità dei bambini e dei ragazzi, oltre che alle possibili difficoltà che possono manifestare.

 

Le diverse età dello sviluppo, qui affrontate dal punto di vista dei rapporti con gli altri, non sono quindi fasi separate e finite in sé, sostituite dalla successiva in un continuo ricominciare in un nuovo contesto diverso e dissociato.

Se ogni età è contraddistinta da caratteristiche e peculiarità proprie, è altrettanto vero che quella successiva implementerà le dinamiche di quella precedente, come un nuovo anello che non crea una nuova catena (e non è catena di per sé) ma, legandosi agli altri, la allunga.

Fuor di metafora, ogni fase va affrontata con consapevolezza e in maniera adeguata, lasciando spazi e imponendo limiti adeguati alla situazione, con una visione di lungo termine che conduce, dalla totale dipendenza del bambino, alla consapevolezza emotiva e relazionale propria dell'età adulta.


 
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