01 agosto 2021
Sono piuttosto frequenti i casi di genitori e famiglie che chiedono aiuto per la pressochè totale mancanza di comunicazione da parte dei figli, gli sguardi sfuggenti e la sensazione che sia impossibile stabilire un dialogo.
Non ci si riferisce ai casi in cui ci siano stati recenti litigi o contrasti aperti, bensì alle situazioni casi in cui, senza una ragione apparente, un figlio non parla più in casa con uno o entrambi i genitori, coi quali, fino a poco prima, c’era confidenza.
Queste criticità portano i genitori a sviluppare il timore che stia succedendo qualcosa (ma senza comprendere cosa) per cui il figlio o la figlia tende a evitarli o a chiudersi nel silenzio.
Se la situazione si protrae, come succede il più delle volte, diventa fonte di grande angoscia e turbamento per i genitori, che si trovano ad oscillare tra il pensiero che il figlio non parli perché abbia qualcosa da nascondere, e il timore che possa invece essere arrabbiato per qualcosa che si è fatto o detto, senza però riuscire a trovare un vero motivo per un cambiamento così radicale e protratto nel tempo.
Queste preoccupazioni derivano, innanzitutto, dall’impossibilità per un padre o una madre di contemplare la possibilità di non essere un buon genitore (esattamente come nessuno direbbe di sé di essere una brutta persona), una resistenza cognitiva che si combina con la credenza, oggi diffusissima, per cui il buon genitore sia e debba essere il primo confidente del figlio.
In realtà, ciò non tiene in considerazione la variabilità e la complessità delle tappe di sviluppo, oltre a non rendere conto delle caratteristiche e dei bisogni dei figli che crescono. Analizziamo dunque ciò che accade nell’età che tipicamente corrisponde all’inizio dei silenzi, ossia l’adolescenza, per poter comprendere meglio la situazione e avere gli strumenti per valutare se si tratti di una difficoltà – che merita l’attenzione di uno specialista – piuttosto che di un momentaneo e fisiologico momento di crisi, che indica un cambiamento in atto.
Adolescenti in equilibrio
Come affrontato in precedenza, l’adolescenza è un’età particolarmente complessa e articolata, in cui i conflitti tra opposti esigono la ricerca continua di un equilibrio che si contraddistingue per essere fuggevole e precario.
Tra gli estremi che caratterizzano la fase di sviluppo adolescenziale, uno dei binomi fondamentali risulta quello tra autonomia e dipendenza, una tematica che diventa centrale con la crescita di un figlio.
In questo senso, e generalizzando, si può affermare che la progressiva costruzione di una distanza tra genitori e figli adolescenti sia una necessità evolutiva, che permette a quest’ultimo di costruirsi una propria identità e un proprio modo di stare al mondo, per poter entrare a far parte a tutti gli effetti della società.
In termini tecnici, in adolescenza prevale il fenomeno di “re-centering”, ossia la necessità di spostare il centro della propria esistenza, fino a quel momento identificato con i genitori, su se stessi, sui propri gusti e interessi. Dal punto di vista pratico, ciò si manifesta in adolescenza attraverso il forte attaccamento al gruppo dei pari e la netta preferenza per gli amici rispetto alla famiglia.
A riprova di questa dinamica, a quest’età, i ragazzi preferiscono rivolgersi agli amici o ai compagni per le questioni più delicate o importanti – o ritenute tali – e raramente ai genitori.
Inoltre, l’adolescenza rappresenta una fase di sviluppo contraddistinta da forte fermento, in cui grossi cambiamenti, spesso molto rapidi, provocano uno smarrimento, una generale confusione e stati di angoscia più o meno intensi e duraturi, che l’adolescente può faticare a rendere in parole.
È difficile spiegare ad altri – così come a se stessi – gli sconvolgimenti ormonali, le trasformazioni fisiche, la crescente complessità dell’incontro con l’altro e i conseguenti stati di alterazione emotiva. In questo senso, è possibile che il ragazzo non parli perché teme che, se lo facesse, svelerebbe al mondo delle cose a cui neanche lui è in grado di dare un senso o interpretare, tanto meno giudicare in termini di bene/male. La paura più grande di un adolescente è indubbiamente l’essere giudicato e, anche se può non sembrare, il parere di un genitore rimane il più importante per attribuirsi un valore, e costituisce la base con cui ci si rapporta con il resto del mondo. Considerando la paura del giudizio, quindi, è possibile rileggere il silenzio non più come un tradimento o un indicatore di aperta ostilità, bensì come una difesa, ritenuta necessaria, alla possibilità di essere giudicati e rifiutati da chi ci ha cresciuti e amati.
Cosa fare: costruire nuovi ponti
Alla luce della rilettura della situazione operata nel paragrafo precedente, è possibile individuare alcune strategie pratiche per vivere in modo più positivo i momenti di comunicazione con i propri figli.
Innanzitutto, è importante mantenere la calma ed evitare di farsi prendere dalle emozioni, come rabbia e frustrazione, che inevitabilmente sorgono davanti ad una situazione di silenzio prolungato. Ciò porterebbe a ricorrere all’autorità e all’uso della forza, cercando di costringere il figlio a parlare o tempestandolo di continue domande (“com’è andata oggi?” “Cosa hai fatto?” “Perché non rispondi?”). in questo modo, però, ci si pone in una posizione di richiesta controproducente, che trasmette solo il proprio bisogno di riconoscimento e che serve unicamente a sortire l’effetto opposto e far chiudere sempre più a riccio il ragazzo. Per quanto difficile, è essenziale ricordare che si è accanto ai figli per educarli alla vita e farli crescere come individui, e non per soddisfare il proprio – del tutto umano e comprensibile, ma in questo caso ingombrante – bisogno di rassicurazione. Meglio mettere le proprie esigenze in secondo piano, per poter comprendere quelle della persona che si ha davanti.
Se vogliamo che l’adolescente parli, dobbiamo essere i primi a farlo, confidandoci e mostrandoci nella nostra imperfezione. Ciò serve a rassicurarlo, in maniera indiretta, che si può sbagliare e che l’errore risulta perfettamente accettabile e non motivo di giudizio.
Quando parla, è essenziale ascoltare in maniera empatica, facendo attenzione alle parole, agli stati d’animo, alle frasi illogiche e alle paure che comunica. La priorità è far sentire il ragazzo accolto e ascoltato, cercando di capire il nucleo del suo discorso, cosa vuole realmente dire. Per fare questo, si deve assolutamente evitare di minimizzare o banalizzare quanto l’adolescente comunica, poiché, per un ragazzo ma anche per un bambino, percepire che quanto viene detto sia considerato poco importante, equivale a sentirsi poco importante per quella persona, il che lo porta ad affidarsi sempre meno a questa per confidenze future.
In questo senso, si deve cercare di mantenere un atteggiamento che comunichi la certezza della propria presenza, ossia fare in modo che l’altro sappia che, in caso di necessità, il genitore è disponibile all’aiuto e al conforto, rimanendo comunque all’interno del proprio ruolo. Ciò significa anche mantenere un certo grado di controllo e di coinvolgimento nella vita del figlio che non derivi necessariamente dalla comunicazione diretta, monitorando ad esempio le presenze e i voti a scuola, le attività sui social network, le spese effettuate o le persone frequentate.
La definizione dello spazio privato del figlio, ossia quegli ambiti che preferisce non condividere con i genitori, deve essere concordata, e può così essa stessa diventare occasione di confronto. L’adolescente è costretto a esplicitare cosa desidera e con che modalità, mentre i genitori possono stabilire quanto devono essere informati e in che modo si possono comunicare le cose, il che rappresenta un’ottima occasione di evoluzione e rinegoziazione della relazione.
Il dialogo non può essere improvvisato o imposto, ma va costruito, giorno per giorno. Non ci si può aspettare che il proprio figlio adolescente si apra e riveli il suo mondo, se la quasi totalità degli scambi in casa è rappresentata da rimproveri, lamentele o giudizi (“hai studiato?”, “hai portato fuori il cane?”…). Se è vero che la comunicazione tra un genitore ed un figlio adolescente deve includere anche questi aspetti, per poter andare oltre si deve costruire una relazione educativa che permetta al figlio di raccontarsi e da cui può trarre piacere, conforto e rassicurazione.
Nella vita di tutti i giorni, in questo senso, si può provare a trovare dei momenti che incoraggino lo scambio delle esperienze, ad esempio raccontando della propria giornata a tavola o la sera prima di andare a dormire, includendo dettagli che facciano sentire il figlio il più possibile coinvolto o interessato (“oggi mi è successa una cosa che mi ha fatto pensare a te”). È importante non pretendere subito risultati, aspettandosi risposte grate o affettuose, ricordando che la strada è tortuosa e spesso in salita, ma che sono le singole gocce a formare l'oceano.
Infine, si può considerare che, per costruire o rinegoziare una relazione, non sempre è necessario parlare. È possibile trovare sia attività casalinghe (come guardare film o serie tv, cucinare o ascoltare musica) sia all’aria aperta (la corsa, il calcio, la bicicletta) da svolgere insieme. A volte le parole non servono, se ci sono condivisione, sorrisi e la voglia di stare in reciproca compagnia.
Informazioni personali

- Emma Messina
- Sono una psicologa abilitata e un’insegnante, con esperienza più che quinquennale nel settore.
Nel mondo scolastico, ho maturato un'esperienza particolare nei confronti di ragazzi con disturbi dell’apprendimento, problemi di motivazione e di ansia da prestazione. Da anni tengo lezioni sul metodo di studio a studenti di ogni età, per promuovere l’autonomia, rinforzare l’autostima e recuperare le abilità scolastiche.
Parallelamente, offro un servizio di sostegno ai genitori, affinché possano mantenere e consolidare i risultati ottenuti dai figli in un clima di serenità e reciproca comprensione.
Servizi offerti:
- Processo di diagnosi e Valutazione Psicologica;
- Tutoring elementari/medie/superiori/università;
- Orientamento;
- Crescita personale;
- Sostegno genitoriale;
- Consulenza psicologica.
Cerca nel blog
Post in evidenza
Stress e digestione: quando il corpo manda segnali
La vita frenetica che ormai caratterizza la modernità è una continua fonte di stress, anche per chi cerca di sottrarsi ai ritmi incalzanti e...

Post più popolari
-
La coercizione psicologica, tra le influenze sociali, consiste in una serie di pratiche finalizzate nel costringere una persona a comportar...
-
Come presentato in questo articolo , durante l’adolescenza si manifestano conflitti a tutti i livelli dell’esperienza. Sul piano relazional...
-
La prima cosa che viene in mente alla maggior parte delle persone, quando si parla di ansia, è il malessere e lo stato di preoccupazione c...
0 commenti:
Posta un commento